Buona Scuola, solo una promessa - QdS

Buona Scuola, solo una promessa

Lucia Russo

Buona Scuola, solo una promessa

martedì 27 Febbraio 2018

Tempo pieno e meno alunni per classe inattuati mentre in Sicilia l’abbandono scolastico è al 25 % e il bullismo al 50%. Assessore regionale Lagalla: “Fondi Ue, extraregionali e legge sul diritto allo studio”

Un solo articolo composto da ben duecento commi. è la legge 13 luglio 2015, n. 107 di “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione”, c.d. della Buona Scuola. Ma qual è lo stato della scuola italiana oggi? Se consideriamo le notizie che si susseguono senza sosta, l’impressione è negativa sia per i numerosi episodi di violenza nei confronti dei professori da parte dei loro stessi alunni o dei genitori di questi, che per gli episodi di bullismo e cyberbullismo che vedono vittima e carnefice spesso tra compagni della stessa classe.
 
Bullismo, in Sicilia in un anno 5 alunni su 10 subiscono almeno un’offesa
 
In Sicilia, in base agli ultimi dati Istat ben il 36,8 per cento degli alunni tra gli undici e i diciassette anni hanno subito episodi di bullismo qualche volta in un anno, percentuale più alta che nel resto d’Italia (32,9 per cento) e rispetto al Nord Italia (34,4 per cento). Considerando anche coloro che sono stati vittime di forme di bullismo più gravi e ripetute (12,4 per cento) si arriva a sfiorare il 50 per cento di ragazzi colpiti.
 
Educazione allo sviluppo di competenze di cittadinanza
 
Eppure la legge sulla Buona Scuola già nella prima parte (articolo uno, comma 7) prevede l’educazione allo sviluppo di competenze di cittadinanza attiva e democratica, alla cura dei beni comuni e alla consapevolezza dei diritti e dei doveri e richiama l’esigenza dell’educazione alla legalità e all’utilizzo critico e consapevole dei social e dei media. Al comma 3 è scritto: “La piena realizzazione del curricolo della scuola e il raggiungimento degli obiettivi di cui ai commi da 5 a 26, la valorizzazione delle potenzialità e degli stili di apprendimento nonché della comunità professionale scolastica con lo sviluppo del metodo cooperativo, nel rispetto della libertà di insegnamento, la collaborazione e la progettazione, l’interazione con le famiglie e il territorio sono perseguiti mediante le forme di flessibilità dell’autonomia didattica e organizzativa previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275”. Periodi lunghissimi e spesso ripetizioni nei 200 commi dell’unico articolo. Una complessità che certo non aiuta l’applicazione.
 
Organico dell’Autonomia sottoutilizzato
 
Al comma 5 si legge che l’organico dell’autonomia dovrà essere “funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche come emergenti dal piano triennale dell’offerta formativa predisposto ai sensi del comma 14”. L’unico vero effetto percepito della legge 107/15 è stato quello dell’assunzione di docenti che da anni pur essendo abilitati erano fermi nelle graduatorie. Ma tale organico nella gran parte dei casi non è stato finalizzato al potenziamento dell’offerta formativa, bensì spesso è servito per le sostituzioni dei colleghi assenti o per lo svolgimento di funzioni di segreteria. Il lavoro di squadra tra docenti di diverse discipline e anche per gruppi di classe, previsto dalla legge 107, è una rarità e, seppur previsto nei piani triennali dell’offerta formativa delle scuole, è rimasto solo sulla carta.
Questo vale anche per il tempo pieno nelle scuole e la riduzione del numero degli alunni nelle classi, previsti al comma 7, lettera n, ma non attuati di fatto.
 
Alunni per classe: la L.107/15 non ha abrogato il DPR 81/09
 
In particolare per il numero di alunni per classe si continua ad applicare il DPR n. 81 del 2009 che prevede, ad esempio, che le prime classi della scuola superiore di secondo grado sono costituite con non meno di 27 alunni e senza superare il numero di 30 studenti per classe. Come ha potuto il legislatore del 2009 prevedere un numero di alunni così alto, soprattutto al primo anno e come mai la legge 107 non ha direttamente abrogato il DPR 81/09, piuttosto che fare ricadere la responsabilità sul dirigente scolastico? Infatti è scritto nel comma 84 della L. 107/15: “il Dirigente scolastico, nell’ambito dell’organico dell’autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche, disponibili, riduce il numero di alunni e di studenti per classe rispetto a quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, allo scopo di migliorare la qualità didattica”.
Di conseguenza continuano ad esserci prime classi con trenta alunni, in alcuni casi anche con la presenza di un disabile grave, quando, invece, lo stesso DPR 81/09 all’articolo 5, comma 2, stabilisce che “le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni”.
 
Per ogni alunno ci vorrebbe uno spazio di almeno 1,80 mq
 
Da non sottovalutare, inoltre, che in aree a rischio sismico gli alunni per classe dovrebbero essere massimo 17, come ribadito dal Tar di Napoli nella sentenza n. 4706/2016, che ha richiamato il D.M. 18.12.1975 che prevede per ogni alunno uno spazio di almeno 1,80 mq.
 


Lagalla: “La Scuola è al centro della strategia del nuovo governo”
 
PALERMO – Sulla mancata applicazione di questi aspetti rilevanti della Legge 107 soprattutto per la Sicilia con il tasso di abbandono scolastico che arriva al 25 per cento (Dati Miur), abbiamo interpellato il presidente della Regione per conoscere le intenzioni del Governo, specificando che un’altra conseguenza dell’inattuazione del tempo pieno e delle classi ridotte è l’emigrazione di migliaia di docenti siciliani che disperdono i loro stipendi in affitti nel ricco Nord e in viaggi necessari. Il portavoce del presidente Musumeci, però, ci ha fatto sapere che il presidente è troppo occupato, essendo anche investito delle deleghe Acqua e Rifiuti, pertanto ci ha invitato a rivolgerci all’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla.
La legge della Buona scuola, ha previsto strumenti per contrastare problemi come il bullismo e la dispersione scolastica, dall’educazione alla legalità alla promozione della conoscenza del patrimonio artistico, attraverso il tempo pieno e la riduzione del numero di alunni per classe, garanzia di una scuola più attenta ai bisogni dei ragazzi. Purtroppo però sono rimasti inapplicati. Cosa ne pensa, come assessore all’Istruzione, di dare una scossa e essere di esempio per altre regioni, prevedendo nei bandi per l’assegnazione di risorse priorità per quelle scuole che si attivano presentando dei progetti?
“Il ruolo della scuola, la sua grande funzione per incrementare il capitale umano è al centro della strategia del nuovo governo regionale e tale ci si auspica possa essere anche per il governo nazionale. Nelle prossime settimane, nella qualità di assessore all’Istruzione e alla Formazione professionale della Regione Siciliana d’intesa con il Presidente Musumeci, sarò impegnato nella riprogrammazione dei fondi comunitari ed extra regionali, per consentire l’attivazione di misure finalizzate all’allungamento del tempo scuola e al potenziamento delle conoscenze, soprattutto nelle aree socialmente degradate e a maggiore rischio di dispersione scolastica, che tocca, in Sicilia, punte vicine al 25%. Già nei prossimi giorni sarà predisposto, a favore delle scuole siciliane, un bando da 13 milioni di euro destinato alla valorizzazione delle conoscenze scientifiche e linguistiche, all’educazione al diritto-dovere di cittadinanza ed anche all’acquisto di arredo scolastico e dotazioni tecnologiche. In particolare, per la scuola dell’infanzia (0-6 anni), sono in corso di distribuzione risorse ai Comuni per interventi a sostegno delle famiglie e per il potenziamento delle strutture comunali di accoglienza dell’infanzia (nidi e asili).
Numerose sono, poi, le azioni relative all’edilizia scolastica per il finanziamento di opere già progettate (76 milioni di euro) o da programmare nell’ambito dell’emananda programmazione triennale (oltre 150 milioni di euro). A ciò si aggiunge, per un valore di circa 30 milioni di euro, il finanziamento per le verifiche di vulnerabilità sismica degli istituti scolastici, quale tempo propedeutico per le successive ristrutturazioni.
Infine, l’avviata costituzione di un tavolo tecnico con l’Ufficio Scolastico Regionale, consentirà di includere ogni misura all’interno di un perimetro programmatico che, nei prossimi mesi, dovrà essere completato dall’avvio dell’iter parlamentare per l’auspicata approvazione di una legge sul diritto allo studio in Sicilia”.
 

 
Qual è l’attenzione dei principali partiti?
 
Diamo uno sguardo ai programmi dei principali partiti per le elezioni politiche del 4 marzo attraverso il sito del Ministero dell’Interno, sezione “Elezioni trasparenti”, per capire se hanno rivolto attenzione alla legge sulla Buona Scuola.
Il programma del Movimento 5 Stelle contiene queste righe: “Superamento della cosiddetta Buona Scuola” è il titolo del punto 19 e sotto c’è scritto: “piano assunzioni razionale in base al fabbisogno delle scuole, incremento spesa pubblica per istruzione scolastica, abolizione del precariato”.
Nel programma di dieci punti della coalizione del Centro Destra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia) la scuola è all’ottavo posto insieme a istruzione e sanità. Specificamente c’è scritto: “Abolizione di anomalie e storture della legge impropriamente detta “Buona scuola”, Piano di edilizia scolastica e Centralità del rapporto docente-studente nel processo formativo”.
Nel programma di Liberi e Uguali l’istruzione e la ricerca sono al primo posto. Si legge: “Dobbiamo cancellare la logica della cosiddetta “Buona scuola” e ripartire da una scuola che si fa comunità educante, che si dà l’obiettivo fondamentale di contrastare la dispersione scolastica e di creare condizioni di uguaglianza sostanziale. Una scuola ancorata ai principi costituzionali, rendendola realmente gratuita, riqualificando e ampliando il “tempo scuola”, moltiplicando l’offerta pubblica di nidi. (…)Una scuola che funzioni davvero, dove gli insegnanti siano persone fiere del loro lavoro e restituiscano ai nostri figli il meglio di loro stessi. (…). E’ necessario riconoscere la dignità e il valore della funzione degli insegnanti, stabilizzando i precari attraverso un piano pluriennale, dando risposte a chi (vittima di un algoritmo impazzito) ha subito una mobilità inutile e dannosa”.
Il Partito Democratico inserisce la scuola al quarto punto, intitolato “La società della conoscenza”. Dopo una premessa su quello che si è fatto al governo, c’è scritto: “nella prossima legislatura vogliamo promuovere l’innovazione didattica e metodologica, ripensare l’organizzazione dei cicli della scuola (…) promuovere l’orientamento per sostenere gli studenti nella fase di transizione”. Si affronta il problema della dispersione scolastica e della povertà educativa che colpisce le aree marginali del Paese e si propone di istituire “aree di priorità educativa”: “invieremo – c’è scritto – un esercito di maestre e di maestri: più docenti e comunità educante, appositamente formati in modo che gli studenti siano seguiti meglio e con piani educativi personalizzati”.

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