NICOLOSI – Cinque anni di Patrimonio mondiale dell’Umanità. È passato un lustro da quando l’Unesco ha deciso di inserire la parte sommitale del vulcano attivo più alto d’Europa nell’elenco dei beni naturali unici, da tutelare e proteggere. Azioni non sempre semplici, considerata l’ampia area tutelata dall’Unesco e la facilità, per i malintenzionati, di distruggere l’ambiente circostante, abbandonando i rifiuti e praticando attività illecite, ma che il Parco dell’Etna, ente preposto a vigilare la riserva, porta avanti, con la collaborazione e il sostegno di numerose associazioni.
Se ne è parlato sabato scorso, all’interno del monastero dei benedettini di Nicolosi, sede dell’ente Parco, in occasione di un incontro organizzato proprio per il quinto anniversario del riconoscimento Unesco; un’occasione per ripercorrere le tappe che hanno portato l’Etna al prestigioso riconoscimento e per tracciare le linee programmatiche per il futuro, alla presenza del commissario straordinario, Salvatore Ragusa che regge l’ente in attesa della nomina del nuovo presidente del Parco, dopo la scadenza della vecchia presidenza, retta da Marisa Mazzaglia.
“Benché l’attuale dirigenza sia temporanea – ha affermato il commissario Ragusa – vorremmo idealmente ispirarci alle più costruttive tra le linee-guida Unesco: nel nostro piccolo – ha aggiunto – significa operare nella concordia tra le amministrazioni dei vari comuni, tese a concorrere per la prosperità di questi luoghi dall’altissimo potenziale”.
Collaborazione tra enti locali, dunque, nell’interesse unico di salvaguardare un prezioso bene naturalistico, ambientale e geologico.
“Uno dei più attivi vulcani del mondo e uno straordinario esempio di processi geologici continui e formazioni vulcaniche – si legge nella motivazione con la quale è stato stabilito che l’Etna meritava di diventare patrimonio dell’Umanità – una destinazione privilegiata per la ricerca e l’educazione”.
Tra le necessità evidenziate nel corso dell’incontro, la tutela dell’ambiente in particolare la questione delle microdiscariche, disseminate ovunque lungo i fianchi del vulcano. Un vero e proprio cancro che, ogni anno, si cerca di estirpare anche attraverso iniziative collettive e realizzate in collaborazione con realtà civiche, come il progetto “Più parco che sporco” durante il quale ogni anno vengono ripulite intere porzioni di vulcano, ma che continuano a rappresentare un grande vulnus per la Montagna. Una vera emergenza, per affrontare la quale sarebbe allo studio un nuovo sistema di telecamere per la videosorveglianza.