La Regione si appresta a seguire il ricorso di altre 13 amministrazioni davanti la Corte Costituzionale. In caso di nessuna intesa il Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta
PALERMO – Una serie di reazioni a catena, proprio come in una fissione nucleare, sono accadute dopo l’approvazione della Legge 99/2009 che riapre uno spiraglio per il nucleare in Italia, poi impugnata da ben 13 Regioni per incostituzionalità. Qualcosa sembra cambiare con lo schema di decreto, dove il Governo prevede un maggiore coinvolgimento degli enti locali. Alcuni dei punti sottolineati dalle Regioni “ribelli” vertevano proprio sulla questione della compartecipazione degli Enti nella autorizzazione, gestione e indicazione dei siti. Anche la Sicilia ha reagito in maniera veemente, facendo approvare il 19 gennaio un odg all’Ars in cui si dichiara la non disponibilità ad ospitare siti nell’isola, un atto seguito a stretto giro dalle dichiarazioni di Raffaele Lombardo, che ha dichiarato che si adeguerà e sarà “paladino di questa posizione”.
L’assessore regionale all’Energia, Pier Carmelo Russo, ha portato il “no” siciliano alla conferenza Stato-Regioni, e ha argomentato la scelta con un richiamo alle conseguenze non solo ambientali ma anche cliniche prodotte dalla presenza di impianti industriali ad altissimo impatto negativo come quelli di Priolo, Gela e Milazzo. Si tratta di impianti che, secondo gli studi dell’Ebm (Evidence Based Medicine), “hanno già comportato – ha spiegato Russo – gravi effetti sui livelli di salubrità collettiva e sulle condizioni individuali, dei quali allo stato non è data la possibilità di prevedere l’ulteriore durata. Non è anzi escluso – ha aggiunto l’assessore – che fenomeni patogeni particolarmente gravi possano acquisire carattere di permanenza, ove incidano a livello genetico. La Sicilia e i siciliani hanno sopportato e sopportano in sostanza, nell’interesse nazionale, un peso che non può rimanere estraneo al dibattito sull’energia nucleare”. Russo ha annunciatio che la Regione, per tutto questo, chiederà i danni attraverso le accise.
Qualcosa si muove anche nello schema di decreto, dove il Governo ha pensato di passare alla “carota” fornendo in diversi passaggi un ruolo ben definito al parere regionale. Ad esempio nell’articolo 11, comma 5, si prevede che “il ministro dello Sviluppo economico sottopone ciascuno dei siti certificati all’intesa della Regione interessata”. Medesimo discorso si può fare per l’articolo 13 (Autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari e per la certificazione del proponente), dove al comma 11 si legge che in caso di nessuna intesa in sede di conferenza dei servizi “il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, assegna all’ente interessato un congruo termine per esprimere l’intesa; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nomina un commissario ad acta. Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il presidente della Regione interessata all’intesa”. Parere regionale è infatti previsto anche nel caso della collocazione del Parco Tecnologico all’articolo 26, comma 8, dove si legge che in caso di non accordo si prevede la costituzione di un Comitato Interistituzionale dove si garantisce una componente paritaria anche per la Regione oltre che al “Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”.
Tuttavia queste misure di maggiore coinvolgimento non sembrano chiudere la questione, visto che comunque la fase decisionale, in caso di un reiteramento del mancato accordo, non si capisce bene come possa trovare sbocco, tenendo ben fissa l’idea che il Governo considera il modello nucleare essenziale e strategico per lo sviluppo energetico della penisola.