Ricerca e diagnosi precoce fondamentali per vincere la guerra contro l'Alzheimer - QdS

Ricerca e diagnosi precoce fondamentali per vincere la guerra contro l’Alzheimer

redazione

Ricerca e diagnosi precoce fondamentali per vincere la guerra contro l’Alzheimer

mercoledì 19 Settembre 2018

La lotta dei malati per riconquistare dignità e quotidianità passa anche dalla tecnologia, a partire dai chatbot

in collaborazione con ITALPRESS
 
 
ROMA – Ricordi che cominciano a sbiadire – dai nomi dei familiari al posto in cui si vive e al come ci si arriva – confusione, richiesta delle stesse informazioni più volte: questi sono i primi sintomi con cui si manifesta l’Alzheimer, il mostro silenzioso che affligge oltre 600 mila italiani e i loro familiari. Per sconfiggere la malattia ci si affida alla ricerca e a diagnosi precoci sempre più precise, ma la lotta per ridare dignità ai malati e aiutarli a riconquistare la propria quotidianità, oggi passa anche dalla tecnologia e dai social, a partire dai chatbot, “assistenti virtuali” che si avvalgono dell’intelligenza artificiale a supporto delle persone affette da demenze.
 
Di questi temi si è discusso al ministero della Salute, in occasione della conferenza stampa “Alzheimer, non perdiamolo di vista”, organizzata da Italia Longeva, la rete nazionale di ricerca sull’invecchiamento e la longevità attiva del ministero della Salute, sostenitore del progetto “Chat yourself”, il primo chatbot per i malati prodromici di Alzheimer (@chatyourselfitalia).
 
“Per l’Italia – ha dichiarato Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva – che è Paese più vecchio al mondo con il Giappone, le demenze rappresentano un problema medico-sociale ogni giorno più grande. Ciò vale in particolar modo per l’Alzheimer, senza dubbio la forma di demenza più prepotente e violenta, sia sotto il profilo epidemiologico, sia per l’impatto sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Questa patologia oggi interessa quasi il 5% degli over65, ma secondo le proiezioni elaborate dall’Istat per Italia Longeva, nel 2030 la percentuale si triplicherà e saranno colpiti dalla malattia ben oltre 2 milioni di pazienti, in prevalenza donne”.
 
“In attesa di cure efficaci contro l’Alzheimer – ha concluso – una strada percorribile nelle prime fasi dopo la diagnosi è quella di sfruttare le risorse della tecnologia. ‘Chat yourself’ è nato con questo obiettivo: contenere il danno provocato dalla malattia, affiancando all’impegno dei propri cari un aiuto concreto a ricordare”.
 
L’Alzheimer comporta un lento e progressivo decadimento delle funzioni cognitive, dovuto all’azione di due proteine, la Beta-amiloide e la proteina Tau, che si accumulano nel cervello causandone la morte cellulare. “Evidenze scientifiche – ha spiegato Paolo Maria Rossini, direttore Area neuroscienze, Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs-Università Cattolica, Roma – ci dicono che l’attacco ai neuroni e ai circuiti nervosi inizia almeno 15-20 anni prima della comparsa dei ‘tipici’ disturbi della memoria. Questo perché nel nostro cervello c’è un numero enorme di cellule, circuiti e sinapsi ‘di riserva’ in grado di sostituire quelli danneggiati o distrutti dalla malattia, fino a quando non si arriva a una soglia limite, superata la quale il meccanismo degenerativo diventa inarrestabile”.
 
“Il limite dei trattamenti terapeutici sin qui tentati – ha concluso – è stato proprio quello di essere somministrati in presenza di una sintomatologia già conclamata corrispondente a una fase di malattia in cui le riserve plastiche del cervello sono esaurite. In sostanza, come voler curare il cancro in un paziente plurimetastatico. Per questo motivo, gli sforzi della ricerca sono sempre più tesi a individuare le caratteristiche prodromiche, precocissime e spesso visibili solo con l’ausilio di esami strumentali, così da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici”.

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