Fatture false in favore di terzi, può scattare la confisca dei beni - QdS

Fatture false in favore di terzi, può scattare la confisca dei beni

Antonino Lo Re

Fatture false in favore di terzi, può scattare la confisca dei beni

venerdì 21 Settembre 2018

Obiettivo: privare il reo di qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione 3 penale, con la sentenza 40323/18

ROMA – Anche per chi emette fatture false in favore di terzi può essere disposta la confisca obbligata. Se viene provata l’incasso di compenso da tale condotta, come chi ottiene l’illecito risparmio, per il soggetto emittente di documenti falsi scatta la confisca. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione 3 penale, con la sentenza 40323.
 
Per aver emesso fatture inesistenti al fine di consentire l’evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva in favore di terzi, il rappresentante legale di una Srl ha patteggiato la pena che gli era stata inflitta, ma il giudice del tribunale di Macerata non ha disposto nei suoi confronti la confisca dell’eventuale prezzo o profitto del reato. Avverso al suddetto provvedimento, il procuratore generale è ricorso in Cassazione, lamentando la mancata disposizione della confisca per i beni costituenti il profitto del reato, prevista dal rinvio effettuato dall’art. 1 comma 143 l.244/2007, il quale prevede la confisca obbligatoria dei beni che hanno costituito il profitto o il prezzo del reato. Dunque, il procuratore ha richiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
 
 
La Suprema corte ha accolto il ricorso, citando nella sentenza l’articolo 12 bis del Dlgd 74/2000, il quale dispone che nel caso di condanna per uno dei reati previsti dallo stesso decreto è sempre ordinata la confisca dei beni, salvo che appartengano a persona estranea al delitto, che ne costituiscono il profitto od il prezzo (confisca diretta) ovvero, quando essa non è possibile, dei beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente (confisca per equivalente). “Misura questa – recita la sentenza – che deve essere pertanto obbligatoriamente disposta, rispondendo alla ratio di privare il reo di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento, che assume ‘i tratti distintivi di una vera e propria sanzione’”.
 
Generalmente, nei confronti di chi emette fatture false è difficile ipotizzare il conseguimento di un profitto in quanto l’evasione delle imposte viene realizzata da colui che ha ricevuto tali documenti, in più tale profitto non può farsi coincidere con quello conseguito dall’utilizzatore. Inoltre l’emittente di queste fatture inesistenti, dalle stesse non ottiene nessun vantaggio fiscale. “Ma non per questo – aggiunge la corte di Cassazione – può omettersi di considerare che il reato di cui all’art. 8 d. lgs. 74/2000, proprio perché finalizzato a consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, implica, di norma, l’incameramento da parte del suo autore di un compenso, quand’anche inferiore al profitto, ovverosia al risparmio di imposta, conseguito dall’utilizzatore delle fatture ideologicamente false, corrispondente al prezzo del reato medesimo".
 
“Poiché – conclude la sentenza – nella specie nulla è stato disposto né argomentato dal giudice di merito in ordine alla confisca obbligatoriamente prevista, né sono state evidenziate le ragioni che imponessero di escludere l’applicazione della misura ablatoria, deve disporsi l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente a tale punto, con conseguente rinvio al Tribunale di Macerata”.
 
Insomma, per applicare la confisca all’emittente di fatture false deve essere necessariamente provato che il soggetto abbia ricevuto un compenso per aver svolto tale attività.

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