Ambiente. Approvvigionamento energetico e impatto.
L’obbligo. Normative nazionali ed europee hanno imposto dei limiti alle miscele di combustibile da potere utilizzare nell’alimentazione delle centrali termoelettriche.
La situazione. Nell’Isola circa la metà dei grandi impianti va ancora avanti con derivati fossili: pet-coke e olio combustibile. Altri sono stati resi meno inquinanti con l’alimentazione a gas.
PALERMO – Nei giorni in cui la Regione reclama risarcimenti economici per l’inquinamento da fonte industriale ed energetica, i dati dicono che l’Isola non si è ancora liberata del suo triste fardello di inquinatori.
Le centrali termoelettriche sul suolo regionale – Augusta, Milazzo e Gela in particolare – continuano a utilizzare olio combustibile in palese contraddizione con la sostenibilità ambientale. La politica per decenni ha salvaguardato i posti di lavoro, nonostante la possibilità di un intervento normativo regionale. Attesa l’azione ferma del Lombardo Ter, anche perché non si potrà continuare a chiedere risarcimenti economici in eterno.
Uno sguardo d’insieme sul quadro generale della produzione di energia elettrica fa comprendere come non siano sufficienti le buone intenzioni e pochi anni per costruire una Sicilia più verde. I tre governi Lombardo sono stati contraddistinti da una nuova sensibilità energetica, ma l’isola è ancora troppo dipendente dalla produzione termoelettrica alimentata da combustibili derivanti dal petrolio, nonostante le numerose potenzialità offerte dalla rete del gas isolano che inquinerebbe meno. Qualche centrale si è adeguata ma in diversi casi si tratta ancora di impianti obsoleti, sia per quanto riguarda l’autoproduzione per le raffinerie che per la produzione di energia in generale. La Sicilia, che produce un surplus consistente di energia, di quali strumenti può disporre per incentivare la costruzione di una filiera che sia più pulita e meno dipendente dai derivati del petrolio?
La situazione del parco centrali termoelettriche sul suolo isolano merita, intanto, un’analisi generale per comprendere lo stato di avanzamento delle sue componenti, che comunque hanno affrontato una certa evoluzione. Fino a qualche anno fa, ad esempio, insistevano sul suolo siciliano ancora le grosse centrali di base con turbine a vapore che erano nate per utilizzare oli combustibili ad alto tenore di zolfo, come recita puntualmente il rapporto “Per” dell’assessorato all’Industria. Poi la normativa nazionale e quella europea hanno imposto dei limiti al mix di combustibile da poter utilizzare, ma non tutti si sono adeguati alla normativa.
“La reale consistenza del parco di produzione elettrica della Regione siciliana – si legge nel Pears – non è tuttora ben definita, alcune centrali sono, infatti, in fase più o meno avanzata di ristrutturazione e mancano informazioni su eventuali interventi di improvement o altro in programma per le Centrali di Augusta e Porto Empedocle dell’Enel, esse dovrebbero essere ristrutturate per adeguarsi verso gli standard previsti dalla legislazione ambientale. La Centrale dell’Agip di Gela usa coke di petrolio. Il polo di produzione della Edipower di S.Filippo Mela che usa olio combustibile opera con alcune centrali dotate di desolforatori e denitrificatori ma alcune centrali ne sono ancora sprovviste”.
Da una parte quindi troviamo soluzioni ecocompatibili, ad esempio tra il 2000 e il 2005 secondo gli ultimi dati Enea le emissioni per la produzione di energia elettrica sono passate da 20.311 kt Co2 a 16.389 kt di Co2 con l’indicatore tCo2/MWh che si abbassato da 0,85 a 0,66, ma dall’altra parte ci sono impianti vecchi che avrebbero bisogno di essere completamente rinnovati.
“Nel parco centrali siciliano – ha spiegato Enzo Parisi, Legambiente Sicilia – ci sono delle punte avanzate e delle realtà molto arretrate, come le centrali ancora alimentate ad olio combustibile che si trovano a Milazzo, Augusta e la più nera di tutte a Gela che usa ancora pet-coke”. Tuttavia proprio sulla conversione dei combustibili delle centrali, ad esempio il metano o il turbogas, bisognerà lavorare per il futuro visto che comunque la produzione di energia termoelettrica ammonta a 22.538,9 GWh su 24.097,7, pari al 91% del totale prodotta nell’isola.
Ma per i ritardatari, cioè per coloro che non si vogliono adeguare al rinnovamento tecnologico, che strumenti normativi esistono? “Le Regioni hanno differenti modalità – ha precisato Parisi – cui appellarsi per far valere le loro ragioni a partire dalla Autorizzazione integrata ambientale”.
In effetti in ambito di assegnazione dell’Aia, che viene rinnovata ogni cinque anni e dove sono racchiuse tutte le autorizzazioni, le Regioni possono intervenire per obbligare le imprese all’aggiornamento degli impianti.
Inoltre esiste un altro strumento di grande impatto per sistematizzare la realtà isolana e si tratta del Piano della qualità dell’aria della Regione. “In questo campo la Regione è carente – ha concluso Parisi – ma se si muovesse potrebbe non solo porre dei vincoli alla qualità dell’aria e delle emissioni, ma anche intervenire in proprio e stabilire gli aggiornamenti tecnologici delle centrali”.