I quotidiani nazionali di sabato sono usciti con titoli di prima pagina che riportavano la richiesta della Procura di Roma di dieci mesi di carcere a carico della sindaca della Capitale, Virginia Raggi.
Non uno di essi, per completezza di informazione, ha riportato la richiesta del Collegio di Difesa che ovviamente era di assoluzione. In tal modo è stata violata la par condicio, cioè pompando i citati articoli sulla richiesta dei pm e quindi inducendo l’opinione pubblica a immaginare, in una sorta di processo mediatico, che la Raggi fosse colpevole.
I molteplici articoli hanno soprattutto violato il Testo unico dei doveri del giornalista del 27 gennaio 2016, che prevede la libertà di informazione e di critica ed inoltre obbliga (eticamente) il giornalista a rispettare i diritti fondamentali delle persone pubblicando informazioni complete ed obiettive.
In questo caso, appunto, è mancata la completezza dell’informazione, pubblicando con troppa evidenza una richiesta che resta tale, quella dei pm, ed omettendo quella della difesa.
Questo giornale, per quanto riguarda i processi penali, non pubblica le comunicazioni delle due parti, accusa e difesa, perché esse fanno parte di un processo che non dovrebbe essere portato all’attenzione dell’opinione pubblica, appunto per evitare di trasferire la sede da quella giudiziaria a quella dei media. Questo giornale pubblica le ordinanze e le sentenze che sono fatti incontrovertibili.
Quanto precede anche perché, ai sensi dell’articolo 8 del citato Testo unico, il giornalista: “a) rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza; b) osserva la massima cautela nel diffondere nomi ed immagini (…); c) evita, nel riportare il contenuto di qualunque atto processuale o di indagine, di citare persone il cui ruolo non sia essenziale per la comprensione dei fatti; d) nelle trasmissioni televisive rispetta il principio della contraddizione delle tesi (…); e) cura che risultino chiari le differenze tra documentazione e rappresentazione, fra cronaca e commento, fra pubblico ministero e giudice, fra accusa e difesa (…)”.
Dalla citazione testuale, risulta evidente che cosa il giornalista può o non fare.
Virginia Raggi, di cui non condividiamo la gestione di una complessa amministrazione come quella romana, e di cui non apprezziamo le doti manageriali e amministrative, anche perché esse non compaiono dal suo curriculum, è stata tenuta sulla graticola per tre anni.
I giornali ne hanno scritto di tutti i colori in maniera indebita e impropria, trasformando il diritto di critica in una sorta di lapidazione.
Questo è inaccettabile perché la libertà di informazione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, non può essere libertà di arbitrio né libertà di violentare la dignità della persona. Ricordiamo Voltaire (François-Marie Arouet, 1694-1778), il quale sosteneva: “Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu possa liberamente esprimere la tua idea”.
Fra l’altro, questa sorta di lapidazione della Raggi da parte dei giornali, che forse vorrebbero raggiungere l’obiettivo di screditarla agli occhi dell’opinione pubblica, probabilmente ottiene l’effetto contrario perché i cittadini non sono stupidi come alcuni giornalisti credono.
Non sappiamo se la Procura interporrà appello. Bisognerà attendere le motivazioni del giudice Roberto Ranazzi e poi nel successivo termine, valutare tale ipotesi.
L’effetto mediatico della sentenza ha obiettivamente rafforzato l’M5s. Se n’è avuta la prova nella trasmissione “Non è l’Arena” di domenica, quando un sorridente e persino tronfio Luigi Di Maio ha sfruttato a pieno l’evento commentato, per portare acqua al suo mulino e cioè a quello del governo Giallo-Verde.
Ecco il risultato di un’azione mediatica dei nemici di questo governo, ribaltata dal risultato del processo.
Sia ben chiaro, noi non condividiamo l’impostazione della legge di Bilancio 2019, che indebita figli e nipoti per un becero assistenzialismo nei confronti di soggetti che sono formalmente bisognosi ma di cui bisognerà accertare il vero bisogno mediante opportuni controlli (campa cavallo…).
Nell’odierno commento rientra la questione della prescrizione che dovrà essere affrontata nell’ambito della riforma del processo penale il quale dovrà stabilire, come dice Salvini, oltre alla data di inizio anche quella della sentenza.
