La politica delle tre scimmiette che si oppone alla realizzazione dei termovalorizzatori - QdS

La politica delle tre scimmiette che si oppone alla realizzazione dei termovalorizzatori

La politica delle tre scimmiette che si oppone alla realizzazione dei termovalorizzatori

domenica 25 Novembre 2018

Perché si strilla contro gli impianti energetici e nessuno fa nulla contro le discariche? Ce lo spiega il professore Giuseppe Mancini

CATANIA – Dopo aver smontato, sul QdS di martedì scorso (leggi qui), tutte le bufale più comuni sui termovalorizzatori, torna a parlare Giuseppe Mancini, docente di Impianti chimici del Corso di laurea in Chemical engineering for industrial sustainability dell’Università degli studi di Catania.
 
Ingegnere Mancini, una battuta da un esponente di governo e si riaccende la discussione sui termovalorizzatori. Al Nord li hanno e al Sud non li vogliono. Lei parla di politica delle tre scimmie cosa intende?
“La prima scimmia è quella che non vuol sentire. Tra questi metto gli ambientalisti di vecchia generazione che continuano a fare fortuna politica su battaglie contro qualunque tipo di impianto (solo in Italia) e i politici di professione che per mero interesse di consenso preferiscono assecondare tutti i comitati ‘Nimby’, anche quelli condominiali, senza porsi il problema della loro vera responsabilità verso il futuro ed il presente del territorio. Viviamo in un panorama dove poco titolate e spesso improvvisate figure fanno a gara nel seminare la paura degli impianti, con un “copia e incolla” di qualche articolo scaricato da rete (spesso senza averlo neanche letto o compreso per intero) e politici che li ascoltano solo perché gridano più forte alla pancia della gente che poi va a votare.
 
Si continuano a sbandierare studi giurassici senza alcun fondamento scientifico su apocalittiche malattie, mono-originate, in qualche caso circoscritto e spesso poco attinente, come fossero verità universali senza sentire il minimo bisogno di confronto con quanto accade in tutto il resto del mondo e soprattutto con gli effetti drammatici delle non-scelte. Con il risultato che impianti capaci di recuperare energia e materia dal rifiuto residuale, non altrimenti recuperabile, vengono sistematicamente boicottati, anche quando, come nel caso del termovalorizzatore di Pace del Mela, non si tratta di fare un impianto nuovo ma di recuperare e valorizzare, con le migliori tecnologie disponibili, un impianto esistente per ridurre il fabbisogno emergenziale di discariche oggi, ovvero di siti certi da bonificare domani.
 
Ed allora ecco un fiorire in Italia di piani regionali dei rifiuti ispirati alla ricerca del consenso e non alla salvaguardia dell’ambiente o alla sostenibilità del sistema di gestione nel suo complesso ove si rappresentano solo i benefici della RD e si inseriscono solo gli impianti o i sistemi considerati “accettabili”, sempre spacciati per soluzioni innovative e definitive ad economia circolare 100 e rifiuti zero.
 
Nascondendo però nei fatti che sono piani che condurranno ineluttabilmente all’esigenza, come sempre emergenziale, di fare tante altre belle discariche o peggio di sopportare costi insostenibili per il trasporto all’estero della frazione residuale a scapito di altri territori e di altre genti ma anche del debito dei siciliani. In un mondo in cui al supermercato le norme igieniche ti impongono più carta e plastica che prosciutto o in cui ogni prodotto ti arriva a casa via internet ma con un doppio imballaggio e dove si fanno imperiosamente largo nuovi materiali compositi difficilissimi da riciclare, credono veramente che basti la tanto decantata riduzione del rifiuto o il riciclo totale per risolvere tutto.
 
Sembrano non sentire quando gli si parla di Vienna, Parigi, Berlino o delle città del Giappone e oggi anche della Cina ma neanche quando si parla delle nostre Milano, Torino e persino di Napoli. Tendono l’orecchio solo quando si parla della lontanissima San Francisco che magicamente manda solo il 20% in discarica (unica città in America, tutte le altre ne mandano poco meno del 70%,…strano ) o del modello Treviso che chiude comunque il suo ciclo mandando il rifiuto residuale in un bel cementificio – un tantino meno efficace di un moderno termovalorizzatore – ed in discarica.
 
Ma non sentono neanche le allarmate grida dei nostri terreni e delle falde aggredite da centinaia di discariche in Sicilia tutte da bonificare a caro prezzo, multe comprese, dove quel kg di rifiuto che hai interrato esercita i suoi nefasti effetti ben oltre i 30 anni coperti dalla (presunta) post-gestione di legge. Ne sentono le sorde scimmie il ticchettio dell’orologio che gli dovrebbe ricordare da quanti anni stiamo (in pochi) gridando la necessità di un sistema di gestione sostenibile, integrato, certamente centrato sulla raccolta differenziata ma che non tralasci artatamente anche soluzioni realistiche per il rifiuto residuale, sempre nella trepida ma demoralizzante attesa di vedere Catania, Palermo, Messina e qualche altra città dell’iperuranio, arrivare a recuperare, – e non solo a raccogliere-, il 100 % dei propri rifiuti. Né forse sentono il rombo dei compattatori che portano ancora oggi, dopo 20 anni di proclami, circa l’80% dei rifiuti della regione ancora oggi in discarica. Ma quello è plausibile vanno tutti lontano, in aperta campagna”.
 
La seconda scimmia?
“La seconda scimmia è quella che non vuole vedere. Tra questi i paladini del riciclo al 100%, quelli che anche di fronte alla evidenza ventennale delle cronache si rifiutano di ammettere che esiste una montagna di rifiuto irrecuperabile. Eppure è semplice verificarlo, anche al buio. Se sognando di arrivare nel 2021 (cioè domani) al 65% di RD in tutta la Sicilia resta ancora il 35% giusto? Ma poi quel 65% va raffinato in impianti di selezione o compostaggio (molto meglio di digestione anaerobica) per avere la necessaria qualità su un mercato che già oggi è in difficoltà per la scarsa qualità giusto? E quindi da questi impianti ecco che “spuntano” gli ingenti scarti di raffinazione che pesano per circa il 15% del rifiuto totale e sommandosi al 35% di cui sopra portano ad una montagna (50%) di rifiuto ancora da gestire. Ma la scimmia proprio non vuol vedere e si gira prontamente dall’altra parte anche quando, non potendosi fare altrimenti, si prospetta di spedirla per nave negli stessi odiati impianti all’estero, spesso gestiti molto peggio.
 
Ma, mi chiedo, così non state inquinando lo stesso pianeta? Figuriamoci se riesce la povera scimmietta a vedere che se al 65% non ci arrivi domani ma magari si impiega un decennio (in Veneto 20 anni) quel 50% idilliaco da smaltire diventa come media negli anni almeno il 60 e forse il 70% visto che oggi è circa l’80%. Ma la montagna non si alza, si allarga. Forse per questo la scimmia non la vede, non sa usare google earth.
 
Ma rimanesse anche il solo ottimistico 50% di rifiuto residuale, come oggi avviene in Lombardia dopo anni di azioni vere, non vede la scimmia come è sempre meglio recuperarne l’energia (una tonnellata di petrolio ogni tre di rifiuto circa) e la materia (le scorie), come fanno i vicini e tanto ammirati svizzeri, riducendo al 1-2% quel 50%, invece di sotterrarlo tutto e creare un enorme debito ambientale in discariche da bonificare per le future scimmiette che, forse meno miopi, gli rinfacceranno di essere stati cattivi genitori?
 
E non riesce nemmeno a vedere la scimmia che il pur positivo ed auspicato aumento dei materiali raccolti tramite RD sta creando, in un sistema industriale non del tutto preparato per accoglierli, un ovvio accumulo, realizzato in capannoni che la malavita, organizzata o meno, sta sistematicamente dando alle fiamme per sbloccare i flussi ovvero i trasporti su cui guadagna.
 
E come si fa, dico io, la scimmia a non vedere che in Svezia, Olanda, Danimarca, Norvegia, Germania e persino nella tanto decantata Svizzera la filiera del rifiuto si chiude con un perfetto equilibrio tra riciclo e termovalorizzazione e con impianti realizzati nel cuore delle città? Ma che sono tutti idioti quei cittadini e c’è un eccesso di tumori in tutte queste città, tenuto nascosto da qualche organizzazione segreta, o ad essere ciechi di cittadini sono i solo i nostri uniti a quelli della Grecia e di qualche (non tutti) paese dell’Est? E mi fa sorridere che, solo dopo che negli ultimi tre anni sono stati bruciati quasi 300 siti di stoccaggio dei rifiuti, ci si stia accorgendo che c’è qualcosa di strutturale.
 
E serve allora il meraviglioso ma tragicamente fondato sarcasmo di Crozza sui botti di fine d’anno nel napoletano per far vedere alla scimmia che per ogni singolo incendio si sprigionano in un unico istante nell’ambiente inquinanti pari a centinaia di termovalorizzatori operanti per decine e decine di anni? La colonna di fumo non è abbastanza alta e nera? Come si fa infine a non vedere che questa instabilità di mercato ha fatto aumentare i costi di smaltimento in maniera spropositata e sono fioriti tutta una serie di faccendieri che si stanno arricchendo proponendo soluzioni di smaltimento pseudo-illecite e ambientalmente insostenibili in Africa e nell’Europa dell’Est quando ogni regione italiana dovrebbe essere autosufficiente per la propria gestione?”
 
E la terza scimmia?
“Ah, la terza scimmia: quella che sa e che non vuol parlare. Quella è la peggiore. Io posso al limite capire i cittadini che “istruiti” da anni di mala e monotematica pseudo-informazione e colpiti da alcune (poche) gestioni illecite di impianti (la maggior parte discariche) sono ipersensibili e diffidenti e rifiutano persino una semplicissima ed utile isola ecologica. Ma quello che non posso tollerare è che, i tecnici, almeno quelli onesti e preparati, e includo non solo ingegneri ma geologi, chimici, fisici e anche medici, non abbiano il coraggio di gridare forte, ergendo una indispensabile barriera a tutte le fake news che ogni giorno ci propinano con frode, sul riciclo al 100%, garantendo una contro-informazione positiva, mostrando dati chiari ed evidenti di quanto danno abbiamo già fatto all’ambiente con quelle scelte assolutistiche, volutamente miopi, che hanno prodotto e continueranno a produrre per anni nel nostro Sud, tanto ma tanto smaltimento in discarica.
 
Ma scusate, si parla in continuazione di legge sul consumo del suolo e voi il suolo lo volete occupare con altre discariche? Oggi Milano fa il 65% di differenziata, ha i termovalorizzatori e non ha più bisogno di discariche. è diventata un riferimento mondiale e non mi pare che i Milanesi si lamentino anzi. Ma hanno iniziato a pensarci 15 anni fa diffondendo una cultura positiva tra i cittadini che collaborano e accettano l’integrazione delle soluzioni necessarie. Tutte. Noi inizieremo mai?
 
Noi tutti zitti se quel rifiuto residuale (solo quello) invece di portarlo in un impianto tecnologico dove ho un controllo totale su quello che c’è dentro e su cosa ne viene fuori lo sto da anni continuando a portare tramite un autocompattatore (inquinante) in un buco scavato in aperta campagna, spesso lontano centinaia di chilometri tra andata e ritorno, spesso sopra una falda acquifera su cui indagherà presto una Procura. La gestione completa dei rifiuti con riciclo e recupero energetico ha tanti nemici ma anche tanti omertosi che finiscono con favorire un potenziale disastro ambientale verso le nuove generazioni. Io a questo gruppo non voglio appartenere e l’ho sempre coerentemente dimostrato”.

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