Il dossier di Cittadinanzattiva ha fatto il punto sui costi dei servizi offerti dai Comuni. La città più cara si conferma Catania, Agrigento è quella con l’aumento maggiore
PALERMO – In Sicilia una famiglia (con un bimbo al nido e un altro alla materna o primaria) spende in media 275 euro, fra retta del nido e mensa scolastica, rispetto ai 382 euro della media nazionale. Il dato emerge dal secondo “Dossier di Cittadinanzattiva dal titolo: “Servizi in…Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense”. Precisamente, la cifra si suddivide nel seguente modo: 205 euro per la retta al nido, con una variazione percentuale rispetto al 2017/18 del 4,5 per cento (mentre a livello nazionale la media è di 300 euro) e 70 euro circa per la mensa scolastica, sebbene a Palermo la retta sia di 100 euro al mese, registrando in percentuale una riduzione del 2,7 (la media nazionale è di 82 euro).
Guardando in dettaglio la situazione sull’Isola, si vedrà che la città con la retta nido più alta è Catania con 275 euro mensili per il 2018/19, senza mostrare variazioni rispetto al 2017/18. Nella classifica seguono Messina (270 euro mensili) e Palermo (259 euro mensili). Scorrendo si trova Caltanissetta con 220 euro, Siracusa con 180 euro, Enna con 170 euro, Trapani con 152 euro e Ragusa con 140 euro.
In nessuna si registrano variazioni rispetto al precedente anno. Solo in un caso, ossia ad Agrigento, la retta mensile ha subito un drastico aumento: dagli 80 euro mensili del 2017/2018 ai 180 mensili dell’anno in corso, 2018/19. Ciononostante quest’ultima non rientra tra le dieci città più costose (ma tra quelle che hanno registrano la maggiore variazione nel raffronto 2017/18- 2018/19), mentre Ragusa, Trapani e Enna rientrano tra le dieci più economiche del 2018/19. L’indagine – si legge nel dossier – ha considerato una famiglia tipo composta da tre persone (due genitori e un minore sotto i tre anni) con un reddito lordo di euro 44.200 corrispondente ad un Isee di euro 19.900. Le rette rilevate fanno riferimento all’anno educativo in corso 2018/2019 e si riferiscono al servizio di asilo nido a tempo pieno, ove esistente, con frequenza per cinque giorni a settimana e, per la mensa scolastica, per nove mesi l’anno.
Riguardo alle mense, stando al dossier, “in nove regioni italiane, una in più rispetto al 2017, oltre il 50 per cento degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; inoltre si registra un tendenziale peggioramento in quasi tutte le regioni di 1-2 punti percentuali”. Le disuguaglianze tra Nord e Sud si allargano sempre più. Sono, infatti, sette le regioni insulari e del Meridione da cui emerge il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (81,05 per cento), Molise (80,29 per cento), Puglia (74,11 per cento), Campania (66,64 per cento), Calabria (63,78 per cento), Abruzzo (60,81 per cento) e Sardegna (51,96 per cento).
Approfondendo la questione, si nota che il fenomeno diventa ancor più preoccupante se viene messo in relazione a quello della dispersione scolastica il cui tasso è maggiore dove sono meno presenti il tempo pieno e il servizio mensa. “Delle nove regioni in cui oltre metà dei bambini non accede alla mensa, cinque registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno: Molise (94,27 per cento), Sicilia (91,84 per cento), Campania (84,90 per cento), Abruzzo (83,92 per cento), Puglia (82,92 per cento), superando il dato nazionale già critico, secondo il quale oltre il 66 per cento di classi primarie risulta senza il tempo pieno.
In cinque di loro, si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d’Italia: Sardegna 21,2 per cento, Sicilia 20,9 per cento, Campania 19,1%, Puglia 18,6 per cento e Calabria 16,3 per cento.