Secondo uno studio di Oxera gli effetti della legge sulla ripubblicizzazione prevedono consistenti investimenti che, a caduta, gravano sia sulla fiscalità sia sul consumo minimo garantito
La legge sulla ripublicizzazione dell’acqua è pronta per approdare nell’Aula della Camera, dopo mesi di esame in commissione Ambiente.
Si tratta del testo di legge della deputata M5s Federica Daga. Un provvedimento cui i pentastellati tengono molto a cominciare dal presidente della Camera Roberto Fico che più volte non ha mancato di manifestare il suo sostegno; così come il ministro dei Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, che ha accolto l’adozione del testo Daga come "una vittoria della democrazia".
Non tutti sanno, però, che il potenziale impatto per lo Stato della legge sulla ripubblicizzazione dell’acqua, che riforma il servizio idrico riportandolo sotto la mano pubblica, potrebbe essere di circa 15 miliardi di euro all’anno.
La stima è contenuta in uno studio di Oxera (società di consulenza economica) messo a punto per Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua ambiente e energia, che riunisce la quasi totalità dei gestori del ciclo idrico integrato, fornendo acqua all’80% della popolazione).
Il servizio idrico dovrà essere comunque sostenuto: semplicemente per prendere l’acqua alla sorgente, purificarla, farla passare nei tubi e portarla ai rubinetti di casa, raccoglierla (fogne) e ripulirla (depurazione).
Non essendoci più la tariffa però si dovrà far leva sulla fiscalità generale, che siano nuove tasse, ampliamento di quelle esistenti inserendo lo scopo, oppure altre soluzioni.
In particolare – spiega lo studio – il primo anno, potrebbe arrivare fino a 22,5 miliardi: partendo da un minimo di 14,6 miliardi a un massimo di 16,5 miliardi di costi una tantum, cui si devono aggiungere da un minimo di 4 a un massimo di 6 miliardi all’anno.
Gli effetti sui consumatori potrebbero arrivare da "una gestione frammentata che potrebbe essere causa di inefficienza operativa"; tra gli altri impatti una possibile conseguenza sul consumo minimo vitale, con "una riduzione nella bolletta idrica" o lo spostamento degli "oneri per la fornitura dalla tariffa a eventuali imposte di scopo e altre forme di prelievo".
La ricerca – in cui vengono valutati sia gli effetti economici legati alla fiscalità generale che quelli sui consumatori, come per esempio la misura del consumo minimo garantito – prende in considerazione alcuni parametri.
Come per esempio per la fiscalità generale i costi una tantum: l’impatto della cessazione anticipata (cessazione delle convenzioni in corso per 10,6 miliardi, rimborso del debito finanziario a carico degli enti locali per 3,2, rimborso del debito tra compagnie per 700 milioni); il mancato riconoscimento dei canoni di concessione per 2 miliardi.
E una stima dei costi annuali: quelli legati alla misura per il consumo minimo vitale pari a 1,7 miliardi e quelli per il finanziamento pubblico degli investimenti (per colmare il gap infrastrutturale e per finanziare gli investimenti coperti dalla tariffa) pari a 4,3 miliardi.