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Senza controlli l’Italia degrada

Mancano obiettivi e cronoprogrammi

Quattro milioni di dipendenti pubblici – compresi quelli delle partecipate – è un numero in linea con la media europea. Anche le loro remunerazioni sono in linea con tale media. Dunque, Stato ed altre istituzioni non spendono in modo eccessivo, ma spendono male. Perché? Perché la burocrazia non è organizzata né responsabilizzata, perché lo stipendio è pagato qualunque cosa i dipendenti facciano o non facciano, mentre i dirigenti ricevono stipendi e premi, a prescindere dal raggiungimento dell’obiettivo.
È noto a tutti che la pubblica amministrazione può essere il motore della crescita o una zavorra che porta alla decrescita. Il funzionamento o la disfunzione sono due aspetti opposti di una megastruttura nazionale e locale.
Non solo mancano la programmazione e l’organizzazione dei servizi, che negli obiettivi debbono avere il clou delle loro funzioni, ma mancano totalmente i controlli effettivi, dal momento che quelli formali non producono effetti di sorta.
 
La questione è lampante: senza controlli ognuno può fare quello che vuole. Capaci e fannulloni sono assimilati: i primi vengono danneggiati e i secondi vengono premiati, esattamente al contrario di come dovrebbe verificarsi.
Ritorniamo frequentemente sulla disorganizzazione della pubblica amministrazione perché ogni iniziativa che prende il mondo delle imprese nel settore pubblico è vagliata dalla stessa, la quale potrebbe accelerare i suoi processi interni e rilasciare i provvedimenti amministrativi richiesti in 30 giorni, mentre normalmente vengono rilasciati in 300 giorni.
Questo rallentamento crea un danno grave all’economia nazionale perché con esso si producono a catena altri rallentamenti.
All’interno della stessa pubblica amministrazione, lo scambio di provvedimenti fra istituzioni di diverso livello o dello stesso livello, avviene anch’esso con una lentezza esasperata perché il tempo e il suo scandire non vengono mai presi in considerazione. Per un burocrate è irrilevante che egli compia il suo dovere in uno o in cento giorni, non preoccupandosi degli effetti nefasti del suo ritardo.
 
Tutto ciò accade perché non vi sono controlli, lo ribadiamo, salvo quelli formali, perché non vengono fissati obiettivi e cronoprogrammi precisi, perché non vengono premiati i burocrati che raggiungono risultati in linea con gli obiettivi e perché non vengono sanzionati i burocrati che non si curano affatto di non raggiungere gli obiettivi.
Nella nostra Sanità, per esempio, vi sono eccellenze, ma esse costituiscono macchie di leopardo mentre essa nel complesso funziona mediamente, forse, sul filo della sufficienza.
L’aspetto peggiore è che mentre ha elementi di validità nelle regioni del Nord, in quelle del Sud è in condizioni pietose, sempre per difetto di organizzazione e responsabilità. Lo dimostra il turismo sanitario, perché i malati meridionali molto spesso si rifugiano nella sanità settentrionale.
I Livelli essenziali di assistenza non sono rispettati nel Sud e sembra, ci diceva il ministro Giulia Grillo, che il suo ministero non abbia effettive possibilità di controllo al riguardo, per cui ogni Regione fa quello che vuole.
 
Vi è una responsabilità rispetto al malfunzionamento dell’essenziale macchina burocratica italiana? Certamente. Ricade sul ceto politico che ha il potere-dovere di indirizzarla e di controllarla. Ma solo un ceto politico competente, colto e onesto potrebbe esercitare i due compiti essenziali cui prima si accennava: l’indirizzo e il controllo. Siccome così non è, non vi è indirizzo e non vi è controllo: ognuno va per la propria strada.
Questo deprecabile andazzo fa crollare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e quindi nel futuro del Paese e mette in discussione il dovere di pagare le imposte ad uno Stato che non è capace di restituire servizi efficienti a prezzi competitivi.
In questi venticinque anni della cosiddetta seconda Repubblica la situazione è peggiorata fortemente. Dopo la Sanità malfunzionante, vi sono Scuola e Università che non brillano per efficienza. I giovani brillanti riescono a conseguire titoli e conoscenze di rilievo ma la media resta indietro.
Come sarà il futuro dell’Italia in queste condizioni? Ai posteri l’ardua sentenza.