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La Sicilia crolla sindaci responsabili

La mala politica incurante dei cittadini

Dopo lo smottamento del lato orientale delle montagne di Giampilieri, Scaletta Zanclea e paesi viciniori, hanno cominciato a venire giù le montagne del lato tirrenico dei Nebrodi. Un fenomeno che investe 48 paesi della provincia, però sono a rischio idrogeologico 91 comuni su 108 della provincia di Messina. Questo è il fatto. Ora tutti i sindaci si dichiarano impotenti per affrontare l’emergenza, l’eterna emergenza, ma nessuno fa atto di contrizione e di pentimento per 60 anni di conduzione dissennata delle amministrazioni locali e di incuria generalizzata del territorio.
Ogni sindaco si tira fuori dalle responsabilità, affermando che i suoi predecessori dovevano pensarci. Anzi, affermando che la Regione doveva pensarci. Il solito becero scaricabarile che dimostra l’ignavia, l’ignoranza e la malafede di un ceto politico che in questo dopoguerra non si è dimostrato all’altezza del proprio compito, che era (ed è) quello di far crescere socialmente ed economicamente i propri cittadini, in un sistema ordinato di regole e di gestione e controllo del territorio.

La Sicilia crolla, in tante sue parti, e tante altre saranno prima o poi coinvolte in questo fenomeno atteso e conseguente alla malagestione di pubblici amministratori. Per citarne uno per tutti, è atteso lo smottamento della collina di Vampolieri, nel comune di Acicastello, dove si è fatto uno scempio del territorio con costruzioni tutte debitamente autorizzate dall’amministrazione comunale.
Perché è questo il dato più preoccupante, cioè la presenza di certificati, bolli e timbri relativi a questi immobili che scivolano, fenomeno al di là di quello dell’abusivismo, che costituisce un’altra grave, gravissima responsabilità per i sindaci.
In questo quadro, altra evidente responsabilità è dell’ente regionale, perché da parte sua non ha controllato lo scempio che è avvenuto, anzi, anche in questo caso, ha rilasciato autorizzazioni e concessioni, senza impedire con opportuni controlli, severi e costanti, le deviazioni che sindaci malnati hanno “autorizzato”, incuranti del danno che stavano facendo all’ambiente e ai loro cittadini.

 
In questo quadro di grandi difficoltà finanziarie, anche qui conseguenti alla responsabilità di un ceto politico clientelare, affrontare lo smottamento di tanti terreni montuosi non sarà facile. Non è certamente il metodo Bertolaso quello più congruo, anche se le emergenze più estreme vanno affrontate con decisione e tempestività, in modo da risolvere gli aspetti  più gravi subito.
I nodi vengono al pettine, anche tardi, ma sempre, e riguardano il malfunzionamento di una burocrazia non professionalizzata, abbandonata a se stessa, con valorosi dirigenti che non hanno il potere di organizzare a regola d’arte i propri dipartimenti e altri dirigenti di scadente professionalità che, per stare in quel posto non meritato, eseguono maldestramente le istruzioni dei loro referenti politici.
Altra causa della mala amministrazione è nelle leggi, nei decreti, nei procedimenti, nelle norme di attuazione e in altri atti di indirizzo fatti male, spesso con malafede, apposta per creare confusione dietro la quale si può nascondere qualunque arbitrio e perfino corruzione.

L a Sicilia crolla. I sindaci sono responsabili. I governi regionali sono stati responsabili. Quello attuale deve affrontare una situazione veramente difficile e, cioè, la messa in sicurezza di quelle parti del territorio siciliano in grave pericolo sia per gli abitanti che per i valori immobiliari, che scassano l’economia locale. Occorre un grande progetto complessivo, formato da progetti sezionali relativi ai vari territori, sui quali investire immediatamente le risorse europee, statali e regionali, per queste ultime risparmiando sulla spesa corrente perché venga girata alla spesa per investimenti, in attività produttive e in infrastrutture o messa in regola del territorio.
Ricordiamo che per ogni miliardo investito si mette in moto occupazione fra 10 e 20 mila unità. Addirittura, il Governo regionale ha comunicato che i 590 mln € di spesa dei fondi Fas mettono in moto 36 mila posti di lavoro. è questa la risposta che va data ai siciliani oggi, non domani.