Accordo con la Cina, occasione di sviluppo - QdS

Accordo con la Cina, occasione di sviluppo

Carlo Alberto Tregua

Accordo con la Cina, occasione di sviluppo

mercoledì 20 Marzo 2019

Guardare lontano con fiducia

I cinesi sono a lutto perché la crescita del loro prodotto interno lordo nell’anno corrente è in calo: appena il 6,4% rispetto alla cifra cui sono abituati e cioè il 7%.
Chi è sazio non crede a chi è digiuno. Che dovrebbe dire il popolo italiano, la cui dirigenza politica lo mantiene in uno stato di decrescita della ricchezza, dal momento che l’anno corrente si chiuderà a zero o a meno di zero?
Il Pil degli Stati Uniti nel 2018, secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), è stato di oltre ventimila miliardi di dollari; quello della Cina di oltre tredicimila miliardi di dollari; quello dell’Italia di circa duemila miliardi di dollari; quello della Germania di oltre quattromila miliardi di dollari, cioè il doppio del Belpaese.
Secondo l’Fmi, nel 2030 ci potrebbe essere il sorpasso della Cina sugli Stati Uniti. Questo evento può verificarsi perché nel Paese asiatico c’è un uomo-guida, Xi Jinping, che di fatto detiene tutte le leve di comando e attraverso poche decine di persone, gestisce l’intero Paese.
 
In Cina risiedono 1,3 miliardi di persone, mentre viene comunemente stimato che vi sia un’appendice di popolazione nel mondo di oltre trecento milioni di cinesi. Ovunque essi risiedano, non si sentono, non danno fastidio, non compiono azioni criminali: insomma, una invasione silenziosa nella rete della popolazione.
L’espasione cinese nel mondo avviene non solo a livello economico ma anche a livello sociale perché quel popolo tende ad intessere relazioni umane con i locali, creano famiglie da cui nascono figli e continuano a penetrare nel tessuto sociale, sempre in modo silenzioso.
Il Presidente cinese ha messo in campo un programma a livello mondiale nel settore delle infrastrutture, di cui ogni Paese ha fame. Il meno dotato al mondo è il continente africano, ove le imprese cinesi progettano, costruiscono e consegnano infrastrutture di ogni tipo, chiavi in mano, e in un tempo tassativamente predeterminato.
Questo loro metodo di lavoro è diverso da quello di società primitive ove domina l’inefficienza e l’incapacità di progettare ed eseguire opere in tempi programmati.
 
Gli accordi con i Paesi ove andare a costruire infrastrutture si bilancia con altri accordi economici in base ai quali il tessuto imprenditoriale locale, se ha competenze, trasferisce le proprie attività nel grande Paese cinese.
In questo quadro hanno operato importanti partners europei come Germania, Spagna, Francia e Gran Bretagna, i cui primi ministri hanno continuato a fare la spola con Pechino e Shenzhen, al cui seguito sono andati centinaia o migliaia di imprenditori che hanno insediato le loro attività in Estremo Oriente.
Non si capisce perché la stessa operazione non possa farla l’Italia, per cui ci risulta fuori luogo il nugolo di proteste che alcuni poteri forti e i loro giornaloni hanno fatto in queste settimane.
Che poi come contropartita l’Italia apra le porte alla capacità imprenditoriale e costruttiva di infrastrutture dei cinesi, ci sembra vada valutato positivamente.
Aumentare la competizione in questo delicatissimo settore non può che far bene alle nostre imprese.
 
L’Istat conferma che l’Italia si trova in recessione, per combattere la quale Confindustria e sindacati battono sul tasto: aprire subito i cantieri. Nel nostro Paese vi sono tre forti handicap: l’enorme debito (2.358 miliardi a gennaio 2019); la formazione di mediocre qualità e la ricerca dimezzata rispetto alla media europea, con la conseguenza che nel nostro Paese il numero dei brevetti si trova in ultima posizione. Con queste palle di piombo, il Paese ha difficoltà a crescere.
Vanno aggiunti altri forti handicap: la disfunzione della Pubblica amministrazione, palla al piede dell’economia, l’intollerabile corruzione che penetra in tutti i gangli economici del Paese e l’evasione fiscale abnorme rispetto a qualunque dato europeo.
Le deficienze indicate sono conseguenza di chi sta in capo della Comunità: la Classe politica. Come è noto: il pesce puzza dalla testa.

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