Acqua. Analisi sulla gestione della risorsa in Sicilia.
La gestione. In alcune province dell’Isola, ottemperando alle direttive europee, nell’ambito della privatizzazione dei servizi, anche la gestione idrica è passata in parte alle società del settore.
La realtà. A fronte dell’aumento delle bollette per sopperire ai necessari investimenti fatti o da attuare, non si registrano sostanziali miglioramenti nel servizio. E la Regione non esercita controlli a sufficienza.
PALERMO – Una cascata di questioni irrisolte grava sul sistema acqua isolano. Da una parte una crescente privatizzazione della gestione che sinora non ha portato grandi benefici in termini di qualità del servizio ma solo aumenti di tariffe, mentre il solito vizio dei carrozzoni pubblici isolani continua a mantenere in vita l’Ente Acquedotti Siciliano.
Intanto i cittadini ed enti locali continuano la resistenza all’avanzata del privato, anche se finora nessuno dei soggetti interessati sembra aver trovato la ricetta giusta per risolvere gli atavici problemi del sistema acque.
Su tutto incombe il problema della criminalità organizzata che riesce in questo settore chiave a imporre il suo sistema delinquenziale, come ha recentemente denunciato il presidente della Regione, Lombardo.
Tra le questioni più delicate degli ultimi tempi il tema acqua appare imprescindibile nel delineare gli equilibri futuri del rapporto tra cittadini e risorse. La Sicilia è in prima linea nel doversi confrontare con una prospettiva che appare decisamente complessa tra crescita delle tariffe e il posizionamento strategico nella mappa finanziaria delle multinazionali dell’acqua, sia per le infrastrutture – Veolia ha una quota all’interno del 75% gestito dai privati di Siciliacque – sia per l’acqua in bottiglia o per la gestione del servizio idrico. Intanto cittadini e associazioni organizzano la resistenza e proprio nei giorni scorsi a Bruxelles è stato lanciato un manifesto per l’uso sostenibile dell’oro blu sul Pianeta. L’opportunità di tale azione giunge proprio nel momento delicato della recente approvazione del Dl Ronchi, che ha idealmente concluso il percorso iniziato dalla Legge Galli nel 1994.
A fronte di aumenti imbarazzanti, ad Agrigento il privato si chiama Girgenti Acque spa, e nel giro di tre anni la bolletta media in provincia ha toccato quota 445 euro contro 243 euro della media nazionale, il servizio non può vantare miglioramenti straordinari. Il privato promette ed ha già fatto investimenti, come hanno spiegato gli amministratori delegati di Girgenti Acque, Acque Potabili Siciliane a Palermo e Acqua Enna, ma non sono ancora sufficienti per garantire un servizio completo h24 in tutti i comuni.
Ma il privato non è necessariamente male. Il confine pubblico-privato è a volte molto labile come ad Agrigento, dove nella Girgenti Acque spa la maggioranza degli azionisti sono due società in mano ai comuni catanesi e agrigentini. Nel complesso tuttavia nessuno tra il pubblico, la società mista o il privato sembra avere la ricetta magica per risolvere il problema. Il servizio, infatti, latita quasi ovunque in Sicilia. Si salva in termini di distribuzione la provincia di Catania, nonostante abbia il peggior sistema infrastrutturale d’Italia, per la presenza dell’Etna, anche se la qualità dell’acqua sembra recentemente peggiorare per la presenza del vanadio. Altrove, cioè nei luoghi dove il prezioso liquido blu arriva a singhiozzo e anche sporco, come nell’agrigentino, l’acqua in bottiglia serve anche per cucinare e quindi incentivare il business della minerale in bottiglia.
Altra manna dal cielo per tutti, fuorché per i siciliani. Nel 2006 sono stati estratti 500 milioni di litri d’acqua minerale dal sottosuolo isolano con ricavi che si aggirano, secondo gli annuari dell’associazione di categoria, a 23 milioni di euro. A fronte di questa munifica realtà solo briciole sono pagate alla Regione Sicilia, visto che secondo il Rendiconto della Regione per l’anno 2007 le imprese hanno pagato nel complesso per l’emungimento una cifra pari a poco più di 400 mila euro mentre il Veneto e la Lombardia sono riuscite a riscuotere dal settore acque in bottiglia rispettivamente 7.800.000,00 euro e 1.496.400,00 euro all’anno dalle compagnie di imbottigliamento. Senza contare, come ricorda L’Espresso della scorsa settimana, che dal 2003 in Sicilia si fa un uso massiccio di deroghe nei limiti di sostanze pericolose. In provincia di Palermo hanno bevuto livelli fuorilegge di cloriti fino al 2007; nel catanese deroghe per vanadio e boro; nel 2008, a un comune del trapanese è stata concessa una deroga per i nitrati.
Altrove, la gestione non va meglio. Siciliacque spa, gestore del sovrambito regionale, prosegue nei suoi investimenti alla rete infrastrutturale: nel 2009, secondo la Legge obiettivo, è stato consegnato l’acquedotto Favara di Burgio (65 milioni di base d’asta), utilizzando il 70% dei fondi da fonte pubblica. Il grande paradosso, tutto siciliano come sempre, consiste nel fatto che permane il suo predecessore cioè l’Ente Acquedotti Siciliano, in liquidazione senza limiti di tempo, e di cui già nel 2004, durante un forum al Qds, Guglielmo Scammacca della Bruca, all’epoca assessore regionale ai Lavori pubblici, annunciava la chiusura del quarantennale carrozzone pubblico per il primo settembre successivo.
Su tutto ovviamente incombe sempre la criminalità. Nella recente audizione alla Commissione antimafia alla Camera, Lombardo ha ribadito la presenza mafiosa nel meccanismo delle acque, ricostruendo i meccanismi distorti degli appalti che hanno determinato la costruzione degli invasi, che costituiscono l’emblema del grande dramma siciliano: attualmente ne è complessivamente utilizzata in 2/3 la capacità complessiva.
L’intervista. Russo: “Migliorare il controllo di qualità sui servizi Ato”
Assessore Pier Carmelo Russo, come può agire il suo assessorato in merito alle infiltrazioni mafiose di cui ha parlato il presidente Lombardo?
“Con i protocolli di legalità siglati tra la Regione e le forze dell’ordine. È’ necessario che l’amministrazione abbia costantemente chiaro il quadro della risorsa disponibile. Deve essere migliorato il controllo sulla qualità dei servizi erogati da ciascun Ato”.
Le difficoltà non mancano…
“Vanno sfatati i luoghi comuni. La Sicilia è dotata di un buon parco di dighe e di distribuzione primaria le cui condizioni strutturali e di gestione sono buone e consentono di soddisfare sufficientemente i fabbisogni. Vi sono alcune eccezioni su cui intendiamo intervenire con i Fas”.
Qual è il suo parere sulla privatizzazione?
“Le gare di affidamento dei servizi idrici sono gare pubbliche di evidenza europea cui possono partecipare anche multinazionali. Ciò è inevitabile anche in relazione ai fondi che l’Ue mette a disposizione. Dobbiamo cogliere ciò che è migliorativo sotto il profilo del know how”.