Istituzione senza consiglio di amministrazione e commissario. Si aspettano direttive da Palermo. Ancora in dubbio le competenze relative alle aree del demanio marittimo
Messina – Una vicenda “tutt’altro che semplice e lineare, in quanto vede coinvolti interessi pubblici di composita titolarità, complicata, allo stato degli atti, dalla non ancora del tutto definita questione delle attribuzioni della Regione siciliana in tema di demanio marittimo”. Così hanno definito la diatriba “Autorità Portuale-Ente Porto” i giudici del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, i quali – con la sentenza n° 91 del 25 gennaio scorso hanno accolto il ricorso in appello dell’Ente di Via Vittorio Emanuele II.
La sentenza, come era prevedibile, ha generato non poche polemiche presso tutti i fans (e sono tantissimi e dislocati in modo assolutamente trasversale in città, proprio come gli interessi nel business del mattone) del nuovo Piano Regolatore del Porto. Eppure, come afferma anche il presidente dell’Autorità Portuale Dario Lo Bosco con grande senso di responsabilità: “le sentenze vanno accettate e applicate, non commentate”.
Bene. Accettata la sentenza, dunque, va detto che essa ancora non ha visto alcuna applicazione. Nel senso che attualmente l’Ente Porto risulta ancora privo sia di un consiglio di amministrazione che di un commissario, e ormai da settimane si continua ad aspettare una direttiva da parte della Regione che possa fare finalmente chiarezza in proposito. In questo contesto, ovviamente, impossibile fare pronostici sui possibili scenari futuri. Più utile, secondo noi, concentrarsi su quanto espresso dai giudici del Cga a proposito del conflitto Stato-Regione sul demanio marittimo, vero problema alla base di ogni discussione tecnico-normativa sulla competenza delle aree.
Per quanto concerne l’ex presidente e attuale commissario “in pectore” dell’Ente Porto Rosario Madaudo, la questione è molto semplice e chiara, “in quanto la normativa esclude dalla competenza regionale solo le aree militari, il che significa che la Regione ha piena titolarità su tutto il resto del demanio marittimo”. Più cauto Lo Bosco, che invoca il suo ufficio legale, non essendo un tecnico e proclamandosi un semplice funzionario del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, ligio alle direttive che vengono dall’alto. Sentite le due campane, andiamo a spulciare lo Statuto della Regione Siciliana, art. 32: “I beni di demanio dello Stato, comprese le acque pubbliche esistenti nella Regione, sono assegnati alla Regione, eccetto quelli che interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale”.
Ogni decisione in materia, dunque, spetta solo ed esclusivamente al Governatore Lombardo e alla sua Giunta?
Le rassicurazioni. Lombardo esprime grande sensibilità
Messina – Magari fosse così semplice. In realtà, sia lo stesso Statuto della Regione Siciliana, che la legge d’istituzione delle Autorità Portuali raccontano una versione diversamente interpretabile.
Tanto da far affermare a Lo Bosco – che contrariamente a quanto riportato sopra, la sentenza la commenta – che i giudici del Cga hanno fatto appello ad una non troppo circostanziata definizione dei confini dell’area di pertinenza dell’Authority, e che in presenza di una rettifica e di una specifica su questo punto ogni decisione potrebbe anche essere ribaltata. Nessun passo indietro, quindi, tanto più che sia Lo Bosco che Madaudo dicono di aver ricevuto entrambi rassicurazioni dal Governatore Lombardo e dalla sua Giunta. “Grande sensibilità sulla questione che ci riguarda da parte del Presidente”, dice Lo Bosco. “L’Ars e la Giunta ci hanno dato ragione”, afferma Madaudo. Insomma, non sono solo i giudici del Cga, qui, ad avere le idee poco chiare.