Enti locali. Ecco come abbattere i costi della politica.
La legge. La Carta costituzionale siciliana prevede espressamente l’istituzione di “Liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”.
Possibili scenari. Queste nuove realtà sovracomunali si appoggerebbero sulle strutture amministrative già esistenti nei Comuni, gli enti che attualmente sono più vicini ai cittadini.
PALERMO – Abbattere i costi della politica offrendo ai cittadini siciliani servizi migliori, finalmente degni di questo nome.
Quella che potrebbe sembrare una contraddizione è in realtà la situazione che potrebbe verificarsi se, finalmente, si decidesse di applicare l’articolo 15 dello Statuto siciliano, che indica i “Liberi Consorzi comunali” come Enti intermedi fra Comuni e Regione.
Applicare lo Statuto e riorganizzare le Province regionali significherebbe prima di tutto cancellare gli stipendi di presidenti, assessori e consiglieri provinciali e tagliare considerevolmente quel miliardo di euro che è stato, nel solo 2009, il prezzo pagato dai cittadini dell’Isola per l’attività delle Province.
"Basterebbe appena un tratto di penna”. Basterebbe, ma evidentemente questo gesto pesa troppo. Celebre quanto mai veritiera è rimata scolpita la frase del leader storico in Sicilia dei difensori civici, Lino Buscemi, a proposito della conversione delle Province regionali in Consorzi di Comuni. Lui ha sempre sostenuto che in Sicilia basterebbe poco per riorganizzare questi apparati amministrativi che costano all’incirca un miliardo di euro l’anno.
Invece, beffa delle beffe, nell’Isola addirittura si vuole realizzare una decima Provincia, quella che farebbe capo all’area di Gela, con tanto di avvio di raccolta firme da parte di diverse associazioni e movimenti. E intanto il cittadino paga nove presidenti, 95 assessori e circa 300 consiglieri provinciali. Non solo, ma anche la marea di personale che gravita all’interno di queste strutture: da un esame del rendiconto delle singole Province ogni anno si spendono 230 milioni di euro.
La loro conversione in Consorzi sarebbe un gioco da ragazzi in Sicilia, perché c’è già un esplicito articolo dello Statuto della Regione, il numero 15, che recita: “Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione siciliana. L’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati di più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”.
Viene così quindi favorita la nascita di Consorzi di Comuni, molto meno dispendiosi e soprattutto meno dispersivi come enti, nel senso che sono strutture più piccole, meno costose e quindi con più immediata facilità di intervento governativo sui territori interessati, anche perchè “si appoggerebbero” sulle strutture amministrative già esistenti dei Comuni, gli enti più vicini ai cittadini.
Perché il problema sta anche qua e cioè nei servizi erogati: una Provincia ha competenze su un territorio vastissimo e quindi trova difficoltà nella gestione dei problemi quotidiani, più o meno piccoli. Basti pensare solo all’edilizia scolastica o alle strade, settori nei quali il controllo può essere difficoltoso. È abbastanza emblematico come l’edilizia scolastica siciliana abbia evidenti carenze. Lo dimostrano intere classi che nel 2010 fanno ancora lezione in appartamenti civili, edifici scolastici privi di certificazioni che attestino la loro sicurezza, presenza di barriere architettoniche che ostacolano l’ingresso a scuola per i soggetti diversamente abili.
Legambiente ha stilato un dossier annuale (“Ecosistema scuola 2010”) sulla qualità dell’edilizia scolastica ed è emerso come si spenda moltissimo per le manutenzioni ordinarie. Ciò sta ad indicare che si spende molto solo nelle situazioni di emergenza, mentre si fa poco per la manutenzione ordinaria. In merito alla qualità degli edifici scolastici, Agrigento si trova al 70esimo posto, ma la Sicilia in generale è messa male visto che Palermo si trova al 61esimo posto, e Messina all’88esimo. Caltanissetta, nonostante si trovi al 42esimo posto, è la prima città dell’Isola.
Che dire invece delle strade di competenza provinciale? Si segnalano frane e strade interrotte in provincia di Caltanissetta, nel palermitano nelle Madonie e nell’area della Valle dello Jato (dove ancora si è in attesa del progetto della Partinico-Corleone), ed ancora in provincia di Trapani specie nella zona di Castelvetrano e di Alcamo. Senza dimenticare le tragedie nel messinese.
I Consorzi di Comuni, che tra l’altro sono a costo zero, potrebbero gestire ciò che oggi gestisce la Provincia regionale azzerando però i costi della politica. Queste strutture infatti verrebbero sorrette da sindaci, assessori e consiglieri comunali già in carica nei vari Comuni. Una storia tutta in tipica salsa siciliana dove troppo spesso “la Casta” è più importante delle tasche dei cittadini e degli stessi servizi. Però qualcosa si sta cominciando a muovere non solo a livello nazionale ma anche in Sicilia.
“Abolizione delle Province. In Sicilia è già possibile per Statuto”. Questo è il titolo di uno dei 25 gruppi nati su Facebook su iniziativa di privati cittadini per promuovere raccolte firme contro l’esistenza di enti considerati inutili ed eccessivamente costosi. Gruppi numerosi, dai cui forum è possibile captare quanto il tema infiammi il dibattito civile nazionale e regionale.