Parere sulle utilities e contrasto ai “cartelli” - QdS

Parere sulle utilities e contrasto ai “cartelli”

Alessio Petrocelli

Parere sulle utilities e contrasto ai “cartelli”

sabato 20 Marzo 2010

Forum con Antonio Catricalà, Autorità garante Concorrenza e Mercato

Avete potere d’intervento sulle società partecipate comunali?
“L’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato ha sulle Public utilities una competenza importantissima, affidata dalla legge n. 133/2008 sui servizi pubblici locali. È una competenza che potrebbe anche sembrare minore, perché consiste in un parere non vincolante ogni qualvolta un Comune vuole affidare in house, quindi senza il meccanismo della gara, un servizio pubblico. In realtà la legge – il nostro parere non è vincolante – lo rende obbligatorio e preventivo. I Comuni devono sentire l’Autorità prima di compiere operazioni e spiegarci quali sono i caratteri di eccezionalità del servizio, in ragione delle esigenze sociali e per l’area geografica nella quale si vuole intervenire. Abbiamo reso almeno un centinaio di pareri e una volta soltanto abbiamo espresso parere favorevole. Le restanti volte abbiamo riscontrato la mancanza delle motivazioni sociali e geografiche o perché non era un servizio pubblico locale. Per ora la legge ha funzionato. Naturalmente lei deve pensare che le concessioni già in essere ed i contratti che sono ancora in vigore, scadranno progressivamente. è lungo questo periodo di transizione che bisognerà procedere ad una reale liberalizzazione. Non una liberalizzazione “nel mercato”. ma “per il mercato”. Il vero nodo è che tipo di gare ci saranno. Quello che adesso noi dobbiamo controllare è che i Comuni indichino delle gare e che queste consentano a nuovi concorrenti di poter partecipare. Occorrerà consentire alle aziende, di attrezzarsi e quindi dare loro il tempo per arrivare preparate; se nella gara per trasporto pubblico locale individuo un termine d’inizio del servizio troppo ravvicinato, metto inevitabilmente in difficoltà i potenziali concorrenti, quindi devo dare un termine congruo. Questo discorso che ho fatto per il trasporto vale anche per altre forme di servizio pubblico che richiedono un’attrezzatura importante”.
La legge Brunetta del 2008 ha previsto qualcosa in materia di utilities.
“Questa legge prevede la Class action che riguarda la P.A. Ciò è un fatto positivo, perché più strumenti di controllo ci sono per il cittadino, più la democrazia diventa trasparente”.
Il discorso sulla trasparenza è importante. È possibile riuscire a mettere in rete tutti i servizi della P.A.?
“Riuscire ad avere la perfetta concezione di come il potere organizza i servizi è difficile, spesso appare come un momento di confusione tra prerogative del potere e servizi per il cittadino. Questo fatto rientra nella nostra tradizione culturale, non è così dappertutto. Comunque le Autorità hanno il compito di segnalare ogni tipo di deviazione da quella che è una stretta logica di mercato. L’azienda offre un servizio e lo Stato paga in maniera adeguata, seguendo i criteri di economicità e di efficienza, perché ciò accada serve competizione nell’offerta del servizio. Se invece il servizio è soltanto mero esercizio di un potere monopolistico o politico, peggio ancora, il cittadino non può che rimetterci”.
Tra le funzioni che l’Autorità svolge, vi è quella riguardante il settore privato?
“Sì. In questo settore le istruttorie sono effettivamente aumentate, anche in ragione dell’esistenza di una crisi finanziaria prima ed economica poi. È accaduto che le imprese si sono alleate per difendersi con strumenti che non sono quelli corretti. Mi riferisco al fenomeno dei cartelli e del monopolio. Non sono fenomeni tollerabili in nessuno Stato, tantomeno in Italia, che ha la propria economia basata esclusivamente sulla libertà di mercato. Non abbiamo i fondi necessari per fare una politica di aiuti di Stato superiore a quella che fanno gli altri Stati e non abbiamo nessuna risorsa autonoma se non la capacità di inventare e di trasformare il prodotto per esportarlo all’estero”.
La difficoltà è di entrare nei sistemi che impediscono una libera competizione. Dunque, cosa fare?
“È una questione di cultura della competizione. Quando noi ragioniamo con le varie categorie, dalle banche alle assicurazioni, la prima cosa che ci dicono è che hanno un sistema solido. Nessuno mette in dubbio la solidità, il problema è che molto spesso la solidità dipende da uno sfruttamento di posizione dominante nel mercato ai danni dei consumatori. Questa solidità è, inoltre, destinata a scemare con il confronto di mercato che prima o poi si realizzerà. La solidità senza efficienza non può durare a lungo. L’unica forma di affrontare il mercato con efficienza è mettersi in concorrenza. Questo genera economicità dell’azione, maggiore speditezza. Laddove c’è reale concorrenza vi è sempre più trasparenza. Esattamente quello che i cittadini richiedono”.
 


Sanzioni di 27.572 mln € per violazione della concorrenza e di 34,6 mln di € per pratiche commerciali scorrette

Qual è l’ammontare delle sanzioni del 2009?
“È stato un ammontare rilevante: nel 2009, tra 18 i casi per violazione della concorrenza già conclusi, 13 casi avviati più un caso di istruttoria per inottemperanza, le sanzioni sono state di 27.572.000 euro. Diciamo che le sanzioni sono aumentate, ma ancora più forte è il dato per le pratiche commerciali scorrette, perché in questo settore abbiamo concluso con sanzione 244 casi, con 35.640.000 euro di multa.
Le sanzioni, in linea di massima, ricevono un ricorso, ma non tutti i ricorsi arrivano al Consiglio di Stato. Un 80% di questi ricorsi sono respinti.
Siamo dispiaciuti di aver perso le cause contro le banche in un’istruttoria importante sui mutui. Noi abbiamo sostenuto che le banche erano tenute ad una maggiore cura degli interessi dei consumatori e se c’era uno strumento gratuito, esse non dovevano offrire quello oneroso; il cittadino doveva essere informato che c’era uno strumento gratuito. Il Tar del Lazio ha ritenuto che non c’era questo obbligo derivante da una legge. Abbiamo fatto appello al Consiglio di Stato e stiamo aspettando la decisione con la speranza che si ribalti la decisione perché a noi interessa l’affermazione del principio. Il problema è di interpretare un nuovo strumento legislativo, il codice del consumo, che è nato nel 2005.
Si tratta di far entrare l’idea che non si può abusare della forza di mercato. Su questo aspettiamo la parola del Consiglio di Stato”.

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