Dilaga il sommerso tra le imprese. Una strada più comoda da seguire - QdS

Dilaga il sommerso tra le imprese. Una strada più comoda da seguire

Dilaga il sommerso tra le imprese. Una strada più comoda da seguire

mercoledì 13 Maggio 2009

Saldo negativo delle iscrizioni alla Camera di Commercio, si ingrossa sempre più il mercato “nero”. Confartigianato: “Saldo negativo solo fittizio, in molte continuano in nero”

PALERMO – Inizio dell’anno florido per le imprese siciliane? “Storicamente” è stato sempre così, ma il 2009, segnato tra l’altro da una generale crisi dei mercati internazionali, ha segnato invece un’inversione di tendenza. Molto preoccupante, al di là della fredda statistica, secondo la Confartigianato di Palermo, che nelle oltre 300 imprese comprese nel saldo negativo tra aziende nuove e quelle che invece hanno chiuso i battenti, secondo quanto si evince dai registri camerali, intravede anche oltre un quadro assolutamente negativo.
“Semplicemente – dice Nunzio Reina, presidente provinciale di Confartigianato di Palermo – queste 300 imprese che hanno chiuso ufficialmente non vuol dire che cesseranno la loro attività ma continueranno ad andare avanti operando nel sommerso”.

Quindi il saldo negativo per numero di imprese in attività è solo fittizio secondo la Confartigianato: “Queste imprese – aggiunge Reina – continueranno a lavorare incrementando il lavoro nero e operando inevitabilmente una concorrenza sleale che uccide ancora di più il mercato e l’economia”.
Stessa condizione che nella sostanza ha potuto appurare la Confartigianato di Trapani: “Da una media realizzata dalla nostra associazione – dice Orazio Bilardo, presidente provinciale dell’organizzazione di categoria – le imprese che opererebbero nel sottobosco del sommerso nella provincia di Trapani risulterebbero abusivi il 16 per cento delle imprese operanti nel campo dell’edilizia, molti di questi doppi lavoristi, il 12 per cento di impiantisti, 30 per cento di aziende che operano nel campo del benessere, come parrucchieri ed estetisti”.
Già da tempo anche la Cgil ha lanciato l’allarme dell’espansione di questo fenomeno nell’Isola. Negli ultimi 10 anni il sindacato ha stimato che in Sicilia il lavoro nero è cresciuto sino ad arrivare ad un abbondante 30 per cento: 13 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale.

Dal fenomeno è peraltro derivato un mancato gettito per l’erario pari al 7 per cento annuo del Pil: 6 miliardi di euro di mancate entrate che da sole basterebbero, ad esempio, a coprire il 90 per cento della spesa sanitaria regionale. La stessa Confartigianato però traccia la strada per potere uscire da questo momento di crisi, che poi è il primo movente che induce l’imprenditore ad utilizzare la via del sommerso: “Sarebbe necessario tornare ad aprirsi al mercato internazionale – secondo Reina – con mostre e fiere che servirebbero oggi più che mai a dare una boccata d’ossigeno al comparto. La cosa più preoccupante è che per quest’anno assisteremo impotenti ala fase di recessione che acuirà maggiormente le criticità presenti nell’economia palermitana in quanto, come sottolineato dall’Osservatorio, l’economia stessa è caratterizzata da una sottoutilizzazione dei fattori della produzione, come il capitale umano, finanziario e territoriale. In questo modo finisce per determinarsi maggiormente la differenza tra il Pil reale e quello potenziale a causa della forte riduzione della componente domestica, combinata dai consumi delle famiglie e dagli investimenti delle imprese”. A questo punto allora non si può fare altro che incrociare le dita.

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