La responsabilità di sentenze come le due citate non è solo della stessa Consulta, ma è soprattutto del ceto politico siciliano che in questi 64 anni di Autonomia si è comportato in modo vile non facendo tutto quello che avrebbe dovuto: ottenere a tutti i costi e con piena legittimità il rispetto dello Statuto.
In capo a questa violazione dell’Autonomia esiste una violazione della legge di rango costituzionale che è appunto lo Statuto siciliano, il quale, lo vogliamo ricordare per l’ennesima volta, è frutto di un patto fra il popolo siciliano e il popolo italiano antecedente alla Costituzione stessa.
Il patto ha avuto la funzione di riconoscere la piena Autonomia della Sicilia, che pre-esisteva rispetto alla Repubblica italiana: questo è il punto fondamentale. Dunque, la Sicilia, come entità costituzionale, è precedente alla Repubblica italiana.
La patente violazione consiste nel fatto che, con sentenza n. 38 del 1957, la Corte costituzionale ha assorbito in sè la funzione dell’Alta Corte, con ciò sbilanciando il patto fra i due popoli (siciliano ed italiano), in quanto, da come risulta all’articolo 24, la composizione dell’Alta Corte è paritetica, con componenti nominati dall’Assemblea e dal Parlamento, mentre quella della Corte Costituzionale è formata da componenti di cui, uno solo, vedi caso, è siciliano.
Da allora (1957), in oltre cinquant’anni, la Corte Costituzionale ha continuato a penalizzare con le sue sentenze la Sicilia, salvo qualche caso eccezionale. Si è dunque istituita una sequenza negativa, ormai divenuta insopportabile, con la quale vengono calpestati giorno per giorno i diritti fondamentali del popolo siciliano.
Se Alessi, Guarino Amella, La Loggia e Aldisio, padri dello Statuto, avessero supposto che con quel patto si sarebbero ficcati in un vicolo cieco, non lo avrebbero scritto nè firmato.
Vi è poi un’iniziativa ancora più forte, l’abbiamo scritto più volte, e cioè proporre un’azione giudiziaria dinnanzi alla Corte di giustizia europea affinchè intervenga sulla questione, non già negli affari interni di uno Stato partner, bensì come Tribunale supremo che valuti il patto fra due popoli, firmato nel 1947.
Vi sono altre iniziative da prendere, compresa quella di forzare la mano mediante la convocazione della Polizia dello Stato (ai sensi dell’articolo 31 dello Statuto), la quale nella Regione dipende disciplinarmente, per l’impiego e l’utilizzazione, dal governo regionale. Il presidente della Regione può chiedere l’impiego delle Forze armate dello Stato.
È venuto il momento di togliersi i panni dell’agnello e di indossare quelli di cittadini siciliani consapevoli dei propri diritti. Così ha vinto la Lega nel Nord.