Il ritornello che ripetiamo non riguarda la politica dei giorni nostri, ma risale a dopo la supposta Unità d’Italia, quando successero scandali a ripetizione in cui furono implicati Presidenti del Consiglio e ministri.
Diceva Georges Clemanceau (1841-1929) che Prostituzione e corruzione sono nate con l’uomo e periranno con l’uomo. La civiltà e la cultura di una comunità hanno il compito non di cancellarle, ma di ridurle al minimo. In Germania e a Bruxelles l’attività di lobbing è ufficiale: chi procura affari o chi spinge per ottenere determinate approvazioni può fatturare le proprie commissioni a chi ha formulato l’incarico.
Qui da noi c’è l’ipocrisia di non ufficializzare tale attività con la conseguenza che la corruzione assume percentuali a due cifre e governa imperterrita e indisturbata tutto il sistema degli appalti di opere e servizi pubblici. L’ultimo scandalo di Balducci e soci non è che la punta di un iceberg. Il denaro publico viene amministrato non da dirigenti integerrimi e onesti, bensì da figliocci partitocratici messi nei punti di snodo per far passare solo gli appalti degli amici, i quali pagano in nero con buste di denaro, escort, programmi di salute e altri benefit.
La questione sembra senza soluzione perchè è difficile incontrare un uomo politico che abbia avuto incarichi istituzionali non ricattabile per un verso o per l’altro. Nel Sud e in Sicilia la possibilità di ricatto è maggiore per la presenza della criminalità organizzata che, quando non viene soddisfatta, comincia a fare parlare i propri pentiti contro il nemico che non ha eseguito i suoi ordini.
Tutto questo è frutto di una cattiva politica che non ha a che fare con la Politica di Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.), ma è basata sullo scambio fra favore e voto.
Non si tratta di età, perché spesso nei nostri giri sentiamo trentenni che su questo versante ragionano come i sessantenni. Tutto ciò è conseguenza della mancanza di una scuola di politica che faccia capire la differenza fra comportamenti virtuosi e comportamenti viziosi.
Nonostante quanto descritto, la Sicilia ha bisogno di un super sforzo di tutta la classe dirigente, perché è arrivato il momento indifferibile di fare le riforme per mettere a posto le proprie carte con una spesa essenziale, mondata da sprechi e clientelismi, resa efficace perché punta a obiettivi seri e veri.
La guerra fra l’attuale maggioranza e i partiti esclusi è dannosissima per tutti. Allo stesso modo, aspettare che sia Berlusconi a risolvere i nostri fatti è un comportamento da impotenti. Vediamo, invece, come Bossi riesca a fare il direttore d’orchestra gestendo il più vecchio partito sul piano politico con mano ferma, volto ad accaparrare i vertici istituzionali di banche, amministrazioni pubbliche e via enumerando. Bossi, oggi, è l’emblema dell’Autonomia di un territorio inesistente quale è la Padania, assistita da un quotidiano che reca la stessa denominazione, letto dagli elettori leghisti e da tutti i quadri dirigenti.
Il modello funziona, va replicato con gli opportuni correttivi in Sicilia attraverso l’unione di Mpa, Pdl Sicilia e Pd in un unico partito autonomista che abbia in cima al suo programma l’interesse dei siciliani e la cacciata dei colonizzatori che vogliono ancora sfruttare le nostre coste e i nostri territori senza nulla dare in contropartita. Non è facile, ma si può fare.