L’assessore regionale Gaetano Armao punta deciso verso la proposta di un partenariato tra pubblico e privato. Il ddl sulle semplificazioni mira ad applicare il codice dei beni culturali per eliminare complessità interpretative
PALERMO – È scontro tra amministrazione regionale e sindacati sul Ddl 545 di semplificazione dell’ordinamento dei beni culturali e del paesaggio. Nel corso della conferenza stampa unitaria dello scorso 15 aprile promossa da Fp Cgil, Cobas – Codir, Sadirs, Ugl e Uil Fp è stata presentata una memoria dettagliata sulle conseguenze che le scelte del governo rischiano di produrre con l’approvazione del ddl proposto: dall’annuncio di privatizzazione, alla riforma di semplificazione dei beni culturali, alla riorganizzazione legata alla riforma dei dipartimenti, ai tagli previsti in finanziaria. E per questo chiedono un’ immediata convocazione alle Commissioni competenti dell’Ars.
“La situazione – dice Giancarlo Salzano di Fp Cgil – è gravissima. Si sta indebolendo il sistema pubblico di gestione dei beni culturali per aprire le porte ai privati. Armao parla di partenariato pubblico-privato e non di privatizzazione ma sappiamo cosa hanno prodotto percorsi simili anche in altri settori come acqua e rifiuti”.
Secondo i sindacati a rischio anche il corso di laurea in restauro e prevedendo passaggi di competenze agli Enti locali anche le Sovrintendenze. “Negli anni – dice Riccardo Termini della Uil – tutte le sigle sindacali hanno chiesto più volte ai vari assessori di varare una riorganizzazione del sistema insieme a chi vi opera giornalmente, ma siamo rimasti inascoltati”. Il disegno di legge si occupa dei musei regionali, del Centro per il restauro, del Centro del Catalogo, la cui attività finora è disciplinata con legge, mentre la riforma prevede la possibilità di intervenire con regolamento.
“Con il ddl semplificazioni – dichiara l’assessore regionale ai beni culturali e all’identità siciliana Gaetano Armao – intendiamo migliorare e accrescere la capacità dell’amministrazione di dare risposte tempestive ai cittadini. La macchina organizzativa dei beni culturali necessita di maggiore flessibilità. Il provvedimento mira ad applicare il codice dei beni culturali, eliminando le complessità interpretative a cominciare dalla redazione dei piani paesaggistici”.
Sebbene nel 1999 la Regione si sia dotata di linee guida per la redazione dei piani paesaggistici, infatti, su 17 ambiti territoriali risultano definitivamente approvati i Piani paesaggistici di Pantelleria, Ustica e delle Eolie, mentre quelli delle Egadi, di alcune aree del Trapanese e del Nisseno sono stati solo adottati. Anche su quest’ultimo punto, il ddl interviene attribuendo competenza esclusiva ai comuni, tenuti ad approvarli entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, e residuando alle soprintendenze l’attività di controllo e vigilanza sulla conformità dei permessi edilizi al piano paesaggistico.
“A proposito dei bandi – continua l’assessore – abbiamo già mandato alla V commissione dell’assemblea le linee guida da approvare. Penso che prima dell’estate tre – quattro bandi importanti potranno essere pubblicati”.
Adele Mormino. Preoccupata per la destrutturazione delle soprintendenze
Abbiamo intervistato Adele Mormino, Soprintendete dei beni culturali di Palermo, nonché capo di gabinetto dell’assessorato regionale ai BB.CC.
Come commenta la conferenza stampa unitaria dei sindacati dello scorso 15 aprile?
“Non ero presente per impegni istituzionali. Quello che posso affermare è che il settore dei beni culturali è un settore molto delicato, in cui il sistema degli equilibri tra le politiche di tutela e di valorizzazione è assolutamente fragile. Nel momento in cui questo sistema viene sbilanciato ne deriva una incapacità di gestire la tutela e a seguire ovviamente anche la valorizzazione. Dunque sono molto preoccupata, in primo luogo dalla forma di destrutturazione delle soprintendenze, baluardo per evitare il saccheggio del territorio. Nel momento in cui il regolamento prevede la destrutturazione delle soprintendenze questo significa l’impossibilità per le stesse di operare la tutela e questo ovviamente è un vulnus a mio avviso pericolosissimo. Alla stessa maniera dico che il codice urbani è un codice che si inserisce nella grande tradizione della legislazione dei beni culturali. È un codice che ci invidiano in tutte le nazioni europee e quindi non avverto nessuna necessità di modifica del codice”.