Lavoro. Centri per l’impiego inadeguati allo scopo.
Ai margini. I centri per l’impiego oggi sono una struttura ai margini del mercato del lavoro, contano 1.000 dipendenti (che costano 3 mln di euro) ma non riescono a collegare la domanda all’offerta.
Compiti. Secondo quanto previsto dalla riforma del collocamento del 2000, i Cpi devono offrire percorsi di orientamento oltre a favorire l’accesso alle misure di politica attiva.
PALERMO – L’informatizzazione dei Centri per l’impiego siciliani va a rilento, vive di paradossi e il suo completamento appare ancora lontano. Non tanto dal punto di vista fisico e strutturale, quanto su quello della piena operatività.
Si viaggia su una media di appena il 35 per cento di centri informatizzati adeguatamente ed il loro completamento è previsto a settembre, ed in alcuni casi addirittura a dicembre.
Oggi sono appena 443 i computer attivati e all’appello ne mancano ancora 785 secondo quanto si evince dalla relazione aggiornata ad aprile 2009 dal Dipartimento Lavoro della Regione. Questo ma non solo: c’è pure un problema di mancanza di risorse umane per utilizzare le future postazioni informatiche. Proprio così. Incredibile il caso raccontato dal direttore del Centro per l’impiego di Ragusa, Giuseppe Bracchitta: “Attualmente ho in dotazione 8 postazioni – afferma – e ne stanno arrivando altre 15. Quindi oltre una ventina in tutto che tutto sommato sarebbero bastevoli per il bacino d’utenza a cui fa riferimento il centro che dirigo (circa 90 mila utenti, ndr). Il problema è che non potranno essere messi un funzione perché disponiamo a pieno organico soltanto di 14 dipendenti in grado di guidare una postazione”.
In pratica 9 postazioni, per cui la Regione ha speso fior di quattrini, resteranno inutilizzate. “Noi disponiamo di soli 5 dipendenti di ruolo – afferma sconsolato il dirigente del Cpi di via Circonvallazione a Palermo, Vincenzo D’Alberti – ed effettivamente esistono dei notevoli vuoti d’organico”. Ed ancora oggi si lavora con penna e righello nei Centri per l’impiego siciliani per colpa del ritardato avvento dell’informatizzazione che solo in questi giorni si sta concretizzando: “Dobbiamo far riferimento ancora al materiale cartaceo in diversi casi – aggiunge D’Alberti – per riuscire ad evadere le pratiche dei lavoratori”. “Per il momento diciamo che viaggiamo su una funzionalità del 40 per cento – rilancia ancora Bracchitta – in quanto solo oggi ci stiamo informatizzando. Ovviamente abbiamo già incamerato i dati dei lavoratori in cerca di occupazione del 2008 ma restano da archiviare tutti gli iscritti agli anni precedenti. Contiamo di riuscire a completare tutto al massimo entro giugno del 2010”.
Queste strutture dunque confermano il loro stato di assoluta inutilità in questo momento. Non sono in grado di fornire notizie immediate nella maggior parte dei casi alle imprese che eventualmente ne fanno richiesta: “Al massimo impieghiamo 24 ore in più, niente di particolarmente lungo” dice ancora Bracchitta. Il problema è che magari un imprenditore ha bisogno nell’immediatezza dei dati.
Una lacuna non da poco questa, ma il Dipartimento del Lavoro della Regione, che organizza proprio i Cpi, non crede che sia questo il problema della mancata funzionalità delle strutture: “Rimango convinto – dice il dirigente Giovanni Bologna – che il problema dello scarso sfruttamento dei Centri per l’impiego da parte delle imprese sia legato ad una condizione di retaggio culturale dei titolari delle aziende stesse. Questo è un servizio totalmente gratuito, lascia libero l’imprenditore di assumere chi vuole. Non è più come un tempo, quando esisteva una graduatoria e l’impresa doveva per forza assumere dal primo in lista a scendere. Eppure si continua ad assumere più per chiamata diretta, o per segnalazione o per amicizia. Quando per esempio per le selezioni di Eurodisney effettuiamo il servizio l’azienda rimane assolutamente contenta e soddisfatta del personale reperito. Questo vuol dire quindi che in realtà il presupposto perché il servizio funzioni c’è. Se poi non viene richiesto questo è un altro discorso”. “Non c’è mercato – dice convinto D’Alberti – per cui mi pare impossibile che un’impresa cerchi lavoratori, semmai oggi li licenzia”. “Sta di fatto che queste strutture – aggiunge Bracchitta – non effettuano quasi per nulla i servizi di formazione e informazione per favorire l’inserimento nel mercato del lavoro del soggetto disoccupato”.