Il peso della crisi recessiva: un passivo da smaltire in 4 anni - QdS

Il peso della crisi recessiva: un passivo da smaltire in 4 anni

Silvia Scardino

Il peso della crisi recessiva: un passivo da smaltire in 4 anni

martedì 20 Luglio 2010

Analisi XXXIV Report Curella. I fallimenti hanno interessato 11 imprese ogni mille presenti sul territorio. L’esportazione dei prodotti lavorati in Sicilia ha subito un calo del 37%

PALERMO – Ci vorranno ancora almeno tre o quatto anni affinché l’economia siciliana possa smaltire il passivo accumulato nel corso degli ultimi due anni anche se la ripresa, già dal 2010, sembra essere lentamente cominciata.
è questo quanto emerge dal “XXXIV Report Sicilia” realizzato dal Diste (Dipartimento studi territoriali) in collaborazione con la “Fondazione Curella”, il “C.i.r.m.e.t.” (Centro interdipartimentale per la ricerca ed il monitoraggio dell’economia e del territorio dell’Università degli studi di Palermo) e “Marketing management”. Le difficoltà congiunturali, dovute alle turbolenze dei mercati finanziari, si sono trasformate in una vera e propria crisi recessiva, culminata nell’estate del 2008, che ha reso ancora più acuti i problemi dell’Isola.
Analizzando i dati del registro informatico delle Camere di commercio è emerso che, nel 2009, il numero dei protesti di cambiali, tratte e assegni bancari e postali ha raggiunto in Sicilia 143,9 mila unità, con un incremento (del 2,7% al confronto con il 2008), ma più contenuto rispetto alla crescita a livello nazionale (+6,6%). L’ammontare dei protesti in termini monetari ha invece toccato i 380,5 milioni di euro, segnando un aumento (+20,8%) superiore nel raffronto con il dato complessivo dell’Italia (+14,4%). Molto preoccupante anche la produzione industriale, con un dato in calo già da 4 anni, ma che adesso ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 12 anni.
I rilevamenti dell’Istat hanno evidenziato, per lo scorso anno, un tasso di disoccupazione del 13,9% contro il 7,8% del dato totale italiano, con una perdita apparentemente contenuta (1,1%), ma in realtà un numero elevato di persone ha rinunciato alla speranza di trovare un lavoro e dunque non compare neppure più negli elenchi statistici dei disoccupati. In notevolissima  flessione, con un -37% anche le esportazioni di prodotti lavorati in Sicilia (per la massina parte derivati petroliferi). Inoltre va segnalato l’aumento dei fallimenti che ha riguardato 11 imprese ogni mille presenti sul territorio. Ma i tempi sono duri anche per le famiglie che hanno speso meno in parecchi settori come abbigliamento, alimentari, bevande, servizi di ristorazione, alberghi e cura della persona. A salvarsi soltanto le spese per la comunicazione e la mobilità. Ed una indagine parallela, che ha riguardato il gradimento e la fiducia degli abitanti dei nove comuni capoluogo di provincia, ha messo in luce il malcontento nei confronti degli amministratori locali.
L’edizione 2010 del “Citizen monitoring” ha infatti verificato che i cittadini sono insoddisfatti della nettezza urbana, delle opere pubbliche, della sicurezza e delle infrastrutture, anche se la preoccupazione principale riguarda la carenza di lavoro. Promossa soltanto l’amministrazione di Ragusa dove solo l’8% ha espresso giudizi negativi a fronte di un 34% che ha dato pareri positivi.
Le valutazioni più basse si sono registrate ad Agrigento dove solo il 6% ha fornito opinioni positive contro il 38% di critici che lamentano soprattutto pessimi servizi idrici e mancanza di attività culturali e ricreative. Pareri sfavorevoli anche a Palermo ed Enna, dove è palese la sfiducia nei politici. Posizioni intermedie per Caltanissetta e Siracusa, mentre a Messina la popolazione si lagna per trasporti pubblici e parcheggi e a Catania le preoccupazioni sono rivolte in gran parte alla sicurezza e all’ordine pubblico.

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