Un capestro è stato inserito a carico dei Comuni che non possono avere una spesa per il personale superiore al 40%. Si aggiungano i vincoli del Patto di stabilità e di spesa corrente, e si conclude come la legge in esame ha messo la camicia di forza a quei Comuni viziosi che avevano fatto del clientelismo (indebite assunzioni in violazione dell’articolo 97 della Costituzione) il loro best seller. I Comuni siciliani che sforano i limiti previsti non solo non riceveranno gli importi eccedenti, ma riceveranno in meno pari importo dai trasferimenti statali: un’ecatombe.
I 390 sindaci siciliani non avranno ancora letto la Manovra d’estate, preoccupati di fare le vacanze. Ma appena torneranno in sede si accorgeranno che i loro vizi dovranno essere trasformati in virtù a tamburo battente, pena la dichiarazione di dissesto. Naturalmente, vi sono sindaci virtuosi che non hanno nulla da temere dalla scure che si abbatterà solo su chi si è comportato da cicala.
Un’altra mannaia importante è caduta sugli apparati politici con l’abolizione dei gettoni ai consiglieri circoscrizionali, il taglio delle indennità ai consiglieri comunali e la riduzione dei costi degli apparati amministrativi, che devono seguire logiche di efficientismo (un neologismo introdotto nella legge) anche col divieto di spese per sponsorizzazioni e con l’introduzione di sanzioni a carico di dirigenti che violano le disposizioni previste.
L’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali è stata abolita (art. 7, c. 3 ter). Ma è una abolizione di facciata perchè il personale in servizio e le spese sono trasferite al ministero dell’Interno.
Questa legge fa continuo riferimento alla L. 133/08 che è stata la prima manovra estiva ad inaugurare il nuovo corso. Vi è tutta una parte che riguarda la riduzione delle spese per la sanità soprattutto a carico dei farmaci (industrie, grossisti e farmacisti).
Una novità riguarda la Sicilia. In anticipazione del federalismo fiscale. L’art. 40 c. 1, prevede che essa può modificare le aliquote dell’Irap fino ad azzerarle e/o disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei riguardi delle nuove iniziative produttive. Ecco un concreto esempio di perequazione fiscale. La Regione però deve trovare il modo di tagliare le spese per azzerare l’Irap. Se non lo facesse dimostrerebbe a tutto il tessuto economico produttivo che non è capace di gestire la Cosa pubblica se non mantenendo una tassa iniqua quale è l’Irap.
È indetto il 15° censimento generale della popolazione e delle abitazioni (art. 50) sul quale sono investiti oltre 200 milioni annui dal 2011. Vi è una riduzione di imposte sulle somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato correlate a incrementi di produttività, qualità, innovazione ed efficienza organizzativa.
Soprassediamo su tante altre disposizioni interessanti comprese quella che taglia alla Sicilia trasferimenti per 500 mln. Da questo si deduce l’annuncio dell’assessore all’Economia, Michele Cimino, che dovrà fare, anche lui, una manovra tendente a tagliare spese per altrettanto importo. Con un indebitamento superiore ai 4 mld e col Bilancio ingessato da ammortizzatori sociali, sprechi e sperperi di ogni genere, compreso l’iniquo costo dell’Assemblea regionale siciliana (170 mln contro 72 del Consiglio regionale della Lombardia), Cimino avrà vita dura perché tenterà di tirare il lenzuolo da un lato scoprendo inevitabilmente l’altro.
Eppure, confidiamo nella sua abilità di far quadrare i conti senza ricorrere ad ulteriori indebitamenti, ma anzi stornando una cospicua parte delle spese correnti per destinarle ad investimenti. Gli ricordiamo che per ogni miliardo investito si creano 10 mila posti di lavoro. Produttivo, non assistenziale e clientelare.