Joseph Ratzinger, Papa della Chiesa Romana, è un capo di Stato. Per i cattolici è anche il successore di Pietro e quindi il responsabile della Chiesa cattolica.
In occasione della sua visita in Africa, ha ulteriormente ribadito che l’Aids non si combatte con il preservativo bensì con l’astinenza. Come dire “cari cattolici, mettete un bel fiocco annodato sui vostri genitali, anzi dimenticate che esistano”. Una posizione non condivisibile perché tutte le persone normali (uomini e donne) sono fatte anche di sesso e pertanto la relativa attività non può essere relegata al ruolo di piacere. Che poi nella religione cattolica è previsto che alcuni debbano martoriare il proprio corpo anche col cilicio, è una faccenda che riguarda quelli che credono che attraverso l’umiliazione del proprio corpo si conquisti il Regno di Dio.
Noi non lo crediamo affatto. Per quel poco che vale, crediamo che sia sano, utile al corpo e al suo equilibrio psicofisico esercitare l’attività sessuale un paio di volte per settimana.
Che Ratzinger esorcizzi il preservativo dicendo che è insicuro è una pura menzogna. E un Papa ha il dovere di non mentire. Infatti, il profilattico è una barriera insormontabile per il virus Hiv, se usato correttamente. Quindi, è sicuro al cento per cento. Non vi è scienziato al mondo che affermi il contrario. Non si capisce quindi da dove i consiglieri del Papa e lui stesso, che si assume la responsabilità delle proprie dichiarazioni, possano avere dedotto che il condom presenta comunque un rischio del 30 per cento.
Ma come si può pensare che popolazioni ignoranti, nelle quali ha una scarsa penetrazione la religione cattolica e meno la voce del Papa, possano combattere il dilagare dell’Aids con l’astinenza, quando l’istinto li porta a fare sesso? Si tratta di una bufala che va smentita con chiarezza e con fermezza.
Abbiamo sentito un reportage radiofonico nel quale un sacerdote cattolico diceva che quando uno dei due coniugi è ammalato di Aids si impone l’uso del preservativo per evitare un omicidio, cioè il contagio all’altro coniuge.