Disegno di legge da parte della Regione per la sospensione degli amministratori con divieto di soggiorno. Il primo cittadino licatese non può tornare nella sua città per volontà del giudice
LICATA (AG) – Alla fine, ci ha dovuto pensare la Regione, che con un disegno di legge varato dalla Giunta regionale presieduta da Raffaele Lombardo ha sancito che verranno sospesi dalla carica gli amministratori ai quali la magistratura ha disposto: l’obbligo di dimora, i divieti di soggiorno, di espatrio o l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. Sono state integrate le ipotesi già previste dalla normativa nazionale per la custodia cautelare o gli arresti domiciliari, il tutto per evitare un altro “caso Licata”, dove il sindaco Angelo Graci ha il “divieto di dimora” con l’accusa di corruzione. Da novembre dell’anno scorso non può mettere piede a Licata e amministra la città “a distanza” dalla vicina Agrigento. Il tutto perché, secondo il giudice potrebbe “reiterare il reato”.
Storia strana, quella di Graci, eletto nell’estate del 2008 con una parte del Pdl, e coinvolto, assieme all’ex assessore alla Solidarietà, Tiziana Zirafi e al vice presidente del Consiglio comunale, Nicola Riccobene, nell’indagine sulla spartizione di una tangente da 6.000 euro sborsata da un impresario di Gela, Carmelo Napolitano (pure lui sotto accusa) in occasione dell’aggiudicazione di uno spettacolo per la festa di Sant’Angelo, patrono della città di Licata.
Da allora è passato un anno, il Consiglio comunale è decaduto (perché la maggior parte dei consiglieri si è dimessa) e si è susseguito un impressionante numero di assessori fra “abbandoni” per le cause più disparate e nuove, puntuali nomine. Ma il primo cittadino è rimasto al suo posto.
“La mia vicenda personale – ha sempre sostenuto Graci – risente fortemente di un complotto perpetrato da chi veniva escluso non da me, ma dai licatesi, nella gestione della cosa pubblica. Sul piano processuale ho il diritto sacrosanto di consegnare alla mia famiglia, ai miei figli e a me stesso, la certezza della mia irreprensibile condotta morale, preservando la mia dignità di uomo, di cittadino e titolare della Istituzione–Comune. Mai e poi mai ascriverò alla storia della mia città l’elezione di un sindaco criminale. Anzi, porrò in essere tutti gli atti, affinché Licata possa essere amministrata nel migliore dei modi possibili nonostante la mia assenza”.
Per il sindaco esiliato, insomma, le dimissioni, sarebbero state “un’ammissione di colpevolezza”. La Giunta regionale prova adesso a risolvere una situazione che è un eufemismo definire curiosa, nell’attesa dal voto sull’argomento da parte dell’Assemblea regionale.
Intanto, però, i guai per Graci pare non siano finiti, visto che il “sindaco in esilio” sarebbe tra gli indagati dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 19 persone da parte della Polizia di Stato di Agrigento nell’ambito di un’operazione antidroga, alla quale è però estraneo. Al sindaco non è infatti contestato alcun reato in materia di stupefacenti ma l’istigazione alla corruzione. Secondo l’accusa, utilizzando il suo ruolo istituzionale, avrebbe permesso la stipula di un accordo tra l’Ato di Agrigento e una società idrica chiedendo a quest’ultima come contropartita l’assunzione dei suoi due figli. Secondo quanto si è appreso, nei suoi confronti la polizia di Stato avrebbe eseguito una perquisizione.
Il Pd agrigentino. Accelerare per il ritorno alle urne
AGRIGENTO – Mentre si attende l’11 ottobre per la ripresa del processo, Emilio Messana, coordinatore provinciale del Pd, ha espresso soddisfazione per l’approvazione, da parte della Giunta regionale, del disegno di legge che prevede la sospensione dalla carica per gli amministratori ai quali la magistratura ha disposto l’obbligo di dimora o il divieto di soggiorno.
“Si eviteranno in questo modo – ha detto – casi paradossali come quello di Licata, dove il sindaco, Angelo Graci, da quasi un anno amministra da San Leone, perché non può mettere piede in città, per volere della magistratura che lo ha messo sotto processo per una presunta tangente”.
“Adesso – ha concluso Messana – tocca all’Assemblea regionale siciliana approvare celermente questo provvedimento. Impegneremo al massimo i deputati regionali del Pd affinché i cittadini licatesi possano al più presto tornare alle urne e ristabilire un contesto istituzionale pienamente democratico”.