Agricoltura: il pericolo viene dall’estero - QdS

Agricoltura: il pericolo viene dall’estero

Dario Raffaele

Agricoltura: il pericolo viene dall’estero

mercoledì 03 Novembre 2010

Produrre in Spagna, Marocco, Olanda ed Egitto costa molto meno e i prezzi di vendita sono molto più competitivi dei nostri. D’Antrassi ribadisce l’importanza del confronto affinché i due mercati siano complementari

PALERMO – Mercoledì scorso è stato presentato a Palermo il 6° censimento dell’agricoltura.
La raccolta dei dati andrà avanti sino al 31 gennaio. I risultati provvisori saranno resi noti entro giugno 2011, quelli definitivi entro aprile 2012.
Quello che è certo, sin d’ora, è che l’agricoltura sta vivendo un momento di grave crisi e non si riescono a trovare le misure per fronteggiarla.
Si moltiplicano gli appelli alle istituzioni di associazioni e comitati di agricoltori. Da Vittoria, nel ragusano, la lista civica “Agricoltura primaditutto” lamenta la concorrenza degli ortaggi spagnoli, marocchini, olandesi ed egiziani.
“Quest’invasione – si legge nel loro comunicato – è sleale poiché produrre in questi Stati costa “molto meno”. Infatti, dal costo della manodopera ai contributi INPS, passando per i fertilizzanti, ai concimi, gli antiparassitari, il carburante e l’energia,  hanno costi irrisori rispetto a quelli sostenuti dagli agricoltori Italiani. Ciò premesso, i loro prezzi di vendita diventano molto competitivi e di fatto buttano fuori dal mercato le produzioni del Meridione d’Italia. Nonostante sia arrivata la stagione invernale che solitamente faceva lievitare i prezzi di vendita degli ortaggi alla produzione, ancora oggi assistiamo a prezzi di vendita molto bassi, incapaci di coprire le spese e assolutamente lontani dal dare un reddito agli agricoltori, nonostante le produzioni continuano ad essere eccelse e di ottima qualità.
La questione diventa ancora più grave considerando che il consumatore finale è costretto a comprare questi prodotti con un ricarico che sul banco della G.D.O. (grande distribuzione organizzata) supera talvolta anche il 500%. Come se non bastasse, gli agricoltori italiani subiscono un ulteriore “beffa” determinata dall’aliquota IVA. Infatti, dalle piantine, al film plastico utilizzato per la copertura delle serre, ai concimi, ai prodotti fitosanitari, agli imballaggi, ai trasporti, all’energia elettrica e ai carburanti… l’imposta sul valore aggiunto (IVA) applicata varia dal 10% al 20%, mentre alla vendita del prodotto, l’agricoltore riceve dall’acquirente solamente l’IVA del 4%. L’IVA che per tutte le attività commerciali è contabilmente classificata come “partita di giro” per l’agricoltore si trasforma in un ulteriore balzello fiscale che, non avendo tempi certi nella sua restituzione, di fatto diventa un ulteriore costo di produzione”.
Di “Agricoltura italiana nella competizione con i Paesi del Mediterraneo” si è discusso a Palermo nel terzo di un ciclo di quattro appuntamenti istituzionali promossi dall’Istat su tutto il territorio nazionale.
Elio D’Antrassi, Assessore alle Risorse Agricole e Agroalimentare Regione Siciliana ha spiegato che per valutare le opportunità e le criticità che si presentano nel confronto commerciale con gli altri paesi del Mediterraneo è necessario prima capire qual è il ruolo della Sicilia nei confronti di una internazionalizzazione che nei fatti già esiste. Il destino commerciale dell’Italia è già indissolubilmente legato al mercato unico, ha continuato l’Assessore. Per rilanciare il settore non è sufficiente sottolineare come la bilancia commerciale siciliana tenda a peggiorare anno dopo anno con difficoltà, in alcuni casi, anche a rifornire il mercato di prossimità.
L’Assessore ha ribadito la necessità di confrontarsi con un mercato che non è più solo locale dove diventa importante programmare gli scambi per far sì che le produzioni delle due sponde del Mediterraneo siano complementari. La sfida dell’internazionalizzazione diventa proprio questa: riuscire a fare sistema. La Sicilia deve giocare un ruolo attivo, si augura l’Assessore, che potrà essere assicurato anche da investimenti strutturali come quello che sta portando alla nascita del mercato Mas a Catania, in futuro, il maggiore polo commerciale del Mediterraneo.
 

 
L’approfondimento. Un marchio “Sicilia” per sostenere le produzioni all’estero
 
Gerardo Diana, Presidente Confagricoltura Sicilia ha sottolineato come non sia sufficiente l’ottimismo per governare fenomeni come la globalizzazione dei mercati. Per comprendere l’impatto che può avere l’apertura degli scambi nell’area Euro-Mediterraneo, ha continuato il Presidente, basta riflettere su quali opportunità intende puntare l’Italia con accordi, ad esempio, come quello sul green corridor con l’Egitto, ratificato da ICE, ABI e Confindustria, senza la partecipazione del Ministero delle Politiche Agricole né di alcuna associazione imprenditoriale agricola. Così i vantaggi dell’apertura dei mercati rischiano di essere tutti a discapito dell’agricoltura. L’Europa continua ad essere a due velocità, anche nelle infrastrutture. Le imprese italiane non hanno paura della sfida della competizione, ha commentato il Presidente, in un sistema di  regole che siano però condivise. Molti imprenditori agricoli siciliani, infatti, continuano a mostrare un’elevata capacità di fare impresa e creare reddito. Reddito che ha ricadute positive su tutto l’indotto. Occorre tuttavia dimostrare la capacità di fare sistema.
Il Presidente ritiene inoltre auspicabile la creazione di un marchio ombrello ‘Sicilia’ in grado di sostenere le produzioni regionali sui mercati nazionali e internazionali, purché questo non implichi un ulteriore carico burocratico.
 

 
Fissata per il 2013 la revisione della Politica agricola comune (Pac)
 
Enrico Giovannini, Presidente Istat ha ribadito che l’obiettivo del 6° Censimento Generale dell’Agricoltura sarà quello di fare luce su tutti questi aspetti. A pochidue giorni dall’avvio della fase di raccolta dei dati, iniziata il 25 ottobre, sono state oltre 11 mila le aziende che hanno già risposto attraverso il web, ha raccontato il Presidente, sottolineando l’importanza e l’utilità di avvalersi di questo strumento. In totale saranno circa 2 milioni le aziende agricole che verranno censite in tutto il territorio nazionale. Il Presidente ha sottolineato inoltre l’importanza della collaborazione con le Regioni e gli altri enti territoriali coinvolti. Altrettanto importante – ha continuato Giovannini – sarà la fase di analisi dei dati che consentirà di trasformare le informazioni raccolte in conoscenza sulla quale orientare le politiche agricole future. Per la prima volta il censimento dell’agricoltura italiana viaggerà in parallelo a quello degli altri paesi europei, tutti chiamati a trasmettere i dati definitivi alla Commissione Europea in vista della revisione della Politica Agricola Comune (PAC) fissata per il 2013. Questo consentirà un confronto approfondito di settore fra i Paesi dell’Unione Europea.

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