Ma Kohl era un grande statista, per intenderci alla De Gasperi e alla Adenauer, e capì che la strada dello sviluppo della Germania passava per il livellamento fra le due aree, una di circa 63 milioni di abitanti e l’altra di circa 20 milioni. Oggi, l’intera Germania conta circa 83 milioni di abitanti.
La Germania dell’Est era in una situazione drammatica: non solo perché tutti gli impianti produttivi erano di fatto obsoleti e inutilizzabili, ma perché il regime comunista aveva distrutto ogni capacità imprenditoriale e di iniziativa, perché tutti gli abitanti erano abituati ad aspettare che lo Stato provvedesse alle loro esigenze.
Era propio la mancanza dell’iniziativa imprenditoriale che spaventava il Cancelliere, e certo le forti pressioni dei poteri prima elencati non lo tranquillizzavano. Nonostante ciò, Kohl impostò un piano di investimenti in infrastrutture e in ristrutturazione delle fabbriche con l’inserimento di tutte le innovazioni tecnologiche che erano già presenti nelle consorelle dell’Ovest. Naturalmente vi dedicò grandi risorse finanziarie.
Questa politica del democristiano Kohl fu successivamente seguita dal socialdemocratico Gerhard Schröder e infine pienamente confermata dall’attuale leader democristiana Angela Merkel. Risultato: oggi la Germania sta superando brillantemente la crisi con un incremento del Pil 2010 di oltre il 3 per cento, perché l’ex Germania dell’Est sta camminando come un treno. La parte tedesca ex povera è riuscita, come Cenerentola, a trovare il Principe azzurro, salvando tutto il Paese dalla recessione.
Quella che abbiamo testè descritto è una realtà che ci brucia come italiani, perché dobbiamo ancora una volta constatare che i tedeschi sono seri e noi, invece, no.
Dopo la Guerra, si fecero sentire i meridionalisti (veri e di facciata) e si cominciò a fingere di investire nel Sud. Venne istituito il Ministero per il Mezzogiorno, la Cassa per il Mezzogiorno, l’Istituto per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile e tanti altri baracconi mangiasoldi quasi tutti ubicati a Roma e solo qualcuno a Napoli.
Tutti questi enti hanno divorato risorse a palate, ma di infrastrutture, nel Sud, non si è visto niente. Salvo la ridicola, vecchia, autostrada Salerno-Reggio Calabria e l’altra che collega Napoli a Bari. Le ferrovie sono rimaste come nell’anteguerra, i porti commerciali non sono stati ristrutturati – è nato solo qua e là qualche porto turistico -, gli aeroporti sono stati ammodernati solo in quest’ultimo decennio e i Piani regionali di sviluppo sono stati prossimi allo zero.
Per contro, in quasi tutte le Regioni del Sud, si è ingigantita una Pubblica amministrazione che, soprattutto nel settore sanitario, ha consumato enormi risorse producendo un servizio pessimo per i malati e i cittadini.
La responsabilità primaria di quanto descriviamo è, come più volte abbiamo scritto, del ceto politico che ha scientemente mantenuto in stato di bisogno la popolazione, perché, quando non c’è sviluppo non c’è occupazione. Lo scambio del voto col favore era incentrato sul posto fisso nella Pa, il favoritismo degli appalti, le consulenze, le nomine nei consigli di amministrazione, quasi sempre di politici trombati alle elezioni.
Ancora oggi, nel Sud, in cui risiede un terzo della popolazione, arrivano forse un quinto delle risorse, che peraltro non vengono spese bene, il che significa che la forbice si continua ad allargare senza sosta. è ora che finalmente essa si cominci a chiudere e tagli corruzione e favoritismi.