Nessun percorso organizzato per le visite ai siti, spesso chiusi, inaccessibili e persino sporchi. La zona nel caos tra auto e rifiuti. Museo: pochi controlli e reperti senza protezione
CATANIA – Nonostante quanto annunciato più volte dall’attuale e dalle precedenti amministrazioni, trasformare la città di Catania in città d’arte a tutti gli effetti sembra un’impresa veramente ardua. Nonostante la presenza dell’aeroporto e del porto, nonché delle autostrade che collegano Messina e Palermo con la città etnea, questa non riesce a garantire un’offerta turistica tale da attirare i visitatori e trattenerli più di qualche giorno. Uno dei motivi di questo triste stato di cose è la mancanza di un percorso artistico archeologico che colleghi tutti i monumenti presenti sul territorio, ma soprattutto la mancata valorizzazione di questi, spesso chiusi o visitabili a tratti.
Soffermandoci per il momento solo dell’area del Castello Ursino, all’interno della quale troviamo resti romani e duecenteschi, ad esempio, sono tante le incongruenze e assurdità che si presentano agli occhi di un turista, a partire dalla mancanza di pulizia e ordine sulla Piazza Federico II Di Svevia. Proprio di fronte l’ingresso del Castello federiciano sono i cassonetti stracolmi e le auto posteggiate a dare il benvenuto ai visitatori che, entrati all’interno della fortezza possono girare per le sale e, volendo, raccogliere qualche souvenir da portare a casa.
Pochi i controlli, infatti, mentre i reperti sono privi di protezione. Trovare una guida che illustri le meraviglie del castello è, poi, un’impresa. Ma almeno il castello è aperto e visitabile (oggi, grazie alla richiesta di Valentina Riolo, guida turistica e consigliera della prima municipalità, addirittura anche la domenica!). Già, perché a pochi passi dal maniero federiciano si trova il Pozzo di Gammazita, un monumento risalente al 1280, a Sud delle mura di Carlo V, nella strada (via San Calogero) che collega via Zurria con piazza Federico di Svevia, regolarmente segnalato ma impossibile da visitare. Per vederlo bisogna rivolgersi alla signora Ninetta, una solerte cittadina che, quando si trova a casa, apre il lucchetto del cancello e permette l’ingresso ai curiosi e testardi che insistono per poter visitare il leggendario pozzo. “Mi occupo di aprire il cancello ai turisti da oltre dieci anni – spiega Ninetta, per la verità esasperata per il ruolo di custode involontaria che il Comune le ha affidato. La pulizia la effettuo io, a meno che qualcuno non chiami le squadre comunali per intervenire, il sito è lasciato in completo stato abbandono”.
In effetti, il pozzo non sembra affatto essere trattato come un sito archeologico duecentesco, stando alla sporcizia e all’incuria che lo contraddistingue. “Abbiamo inoltrato richieste e sollecitato un interrogazione all’Ars da parte dell’onorevole Concetta Raia – afferma Valentina Riolo – ma la situazione attuale è sempre la stessa. È assurdo – continua – che monumenti storici e siti archeologici a Catania subiscano questa sorte, impensabile in città che hanno velleità di città d’arte. Stesso copione poco più in basso, in piazza Currò, dove si trova il complesso termale romano, di competenza regionale, delle Terme dell’Indirizzo, risalente al II Secolo D. C. Il sito, ancora in buono stato di conservazione, è chiuso e visitabile solo su prenotazione. Fin qui niente di strano, se non fosse che viene utilizzato come deposito di materiale e, la vicinanza con l’Ostello (uno dei luoghi di ritrovo dei giovani studenti catanesi) sia trasformato in una grande pattumiera a cielo aperto.