L’agricoltura costituirà l’asse strategico per la riduzione delle emissioni nocive all’ambiente. Nonostante il patrimonio, l’Isola ne produce l’1,3% contro il 22,5% della Lombardia
PALERMO – L’agricoltura costituirà l’asse strategico per la riduzione delle emissioni. Lo conferma l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) durante i lavori del workshop “Efficienza energetica, rinnovabili e innovazione in agricoltura”. “Per la promozione di un’Agricoltura energeticamente efficiente, in linea con gli obiettivi europei 20-20-20 – ha spiegato Giovanni Lelli, commissario Enea – è necessario un Piano d’Azione specifico per il settore, definendo una sua collocazione stabile nell’ambito delle scelte di pianificazione regionale e nazionale e dello sviluppo economico sostenibile del Paese”.
Il cammino da compiere è ancora lungo. Secondo una nota informativa dell’Agenzia l’85% dell’approvvigionamento in agricoltura è da addebitare alla voce “energia fossile” e il 15% alla voce “energia elettrica”. Eppure l’agricoltura potrebbe divenire l’anello di congiunzione tra rilancio economico del settore e produzione di energia elettrica attraverso le biomasse vegetali. Nel bilancio energetico dell’Unione Europea le biomasse contribuiscono con una quota del 4% mentre l’obiettivo previsto per il 2010 è pari all’8%. La produzione nazionale stabilisce invece una partecipazione delle biomasse con un contributo di 5,2 Mtep alla produzione di energia primaria, con una copertura sui consumi totali di energia del 2,7%.
Andando in dettaglio: 4,0 Mtep riguardano la produzione di energia termica, 1 Mtep viene utilizzato per la produzione di energia elettrica e soltanto 200.000 tep per la produzione di biocarburanti (dati Enea, Enel, Coldiretti 2009).
Ad uscire realmente sconfitto dalla corsa alle biomasse è proprio la Sicilia, tesoro di uno straordinario potenziale che resta nel cassetto. L’Isola potrebbe, infatti, sfruttare un patrimonio straordinario e far risollevare un settore in seria crisi. Andando sui dati concreti la regione insulare, secondo uno studio del 2007 realizzato da Unacoma (Unione Nazionale Costruttori Macchine Agricole) e da Itabia, l’associazione italiana per la produzione di biomasse, vanta un potenziale di 1.841 kt/anno e una disponibilità effettiva di 1.037 kt/anno, pari al 12,7% nazionale, e quindi la miglior posizione tra le regioni italiane. Ma il settore, appare lampante, non è affatto decollato. Così, mentre altre regioni, come la Lombardia crescono, l’isola è cristallizzata nel suo torpore.
Secondo l’ultimo rapporto GSE (Gestore dei Servizi Energetici) la produzione nazionale da B. Rb. B. B. (Biomasse, Rifiuti solidi urbani biodegradabili, Biogas e Bioliquidi) trova le cosiddette regioni in traino nella Lombardia (22,5%), e nell’Emilia-Romagna (14,9%), mentre la Sicilia, pur potendo disporre di una grande patrimonio agricolo, potenzialmente il più importante d’Italia, deve accontentarsi di un misero 1,3%. Andando nel dettaglio il confronto è impietoso: Palermo (0,7%), Catania (0,6%), Milano (5,2%), Brescia (6,5%) e Pavia (5,2%). Ma anche il settore dei biocarburanti – sul punto il Pears è parso ai più già “vecchio e antiquato” quando è stato partorito – sarebbe di grande interesse economico: tra il 2007 e il 2008 il fatturato del settore è raddoppiato passando da 559.409.164 euro a 1.215.967.300 euro.