Impianti a rischio in zone sismiche. Lezione dalla tragedia giapponese - QdS

Impianti a rischio in zone sismiche. Lezione dalla tragedia giapponese

Impianti a rischio in zone sismiche. Lezione dalla tragedia giapponese

giovedì 17 Marzo 2011

Aree petrolchimiche come quella di Priolo non possono stare vicino alle faglie telluriche. Una follia installare anche un rigassificatore in una “bomba” ad effetto domino

PALERMO – La tragedia in Giappone lancia un monito preciso ai governanti della Sicilia: gli impianti a rischio incidente rilevante, che siano nucleari o petrolchimici, non possono essere costruiti in aree sismiche. Quella che sembrerebbe una ovvietà rappresenta invece la realtà oggettiva del petrolchimico siracusano, ben posizionato in uno dei siti più pericolosi del mondo. Eppure anziché smantellare e bonificare l’area, già inquinata da mezzo secolo di attività, gli industriali ‘ospiti’ nell’Isola pensano di aggiungere rischio al rischio: il rigassificatore di Priolo Gargallo. 
Il Giappone, potenza all’avanguardia civile e tecnologica del mondo, adesso piange le conseguenze di aver sottovalutato l’azione imprevedibile della natura. Ma la porzione di Sicilia che ospita il noto polo petrolchimico è a sua volta ben ricca di criticità che vanno dal rischio sismico agli eventuali effetti di onde anomale. E non mancano gli studi scientifici a certificare la parte orientale dell’Isola come una delle aree simicamente più ‘calde’ del globo. Già ai tempi del sisma abruzzese Gian Michele Calvi, noto esperto del settore, aveva esposto la sua preoccupazione sullo stato di sismicità nell’area priolese (a 12 km da una faglia), in una nota trasmissione televisiva. Il concetto è stato ribadito dell’Apat (adesso Ispra, Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), che, facendo riferimento ai rischi connessi al terremoto nell’area industriale di Priolo-Augusta, ha ribadito come “al danno prodotto dal terremoto si può aggiungere quello dovuto alle conseguenze di incidenti e/o rotture negli impianti, cosiddetti, a rischio di incidente rilevante”. E se ancora non bastasse ecco il seguito. “L’area industriale di Priolo si sviluppa lungo il Golfo di Augusta, tra le città di Siracusa e Augusta. Questo settore della Sicilia Sud Orientale è noto per essere stato interessato storicamente da terremoti fra i più energetici mai registrati sul territorio italiano”.
I parametri di sorgente delle strutture tettoniche rilevanti per il sito di Priolo dicono che nel raggio massimo di 37 km esistono 5 faglie, delle quali la più vicina si trova ad appena 8 chilometri dal sito. Perplessità che trovano conferma anche nelle certificazioni nazionali visto che l’area è dichiarata “zona ad alto rischio sismico (S12)” ai sensi della legge 10 dicembre 1981, n. 741.
L’effetto domino, denunciano i comitati della zona, potrebbe essere devastante. In tal senso anche la presenza del porto di Augusta non può ovviamente evitare la riflessione su un pericolo in arrivo dal mare. Ma è un sistema intero ad essere in bilico, perché nel circondario l’antropizzazione è assai diffusa. Le industrie del polo, classificate a rischio secondo la direttiva Seveso (direttive 82/501/CE, 96/82/CE), infatti sono vicine a città, strade, ferrovie, e porto e la quantità e la pericolosità delle sostanza che vi transitano darebbero luogo ad un effetto distruttivo che al momento non è neanche possibile quantificare.

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