Sussiste il reato di violenza privata nella condotta di colui che, con la propria vettura, impedisca ad altri di allontanarsi con l’auto.
Secondo la previsione incriminatrice di cui all’art. 610 c.p. è, infatti, punito chiunque con violenza o minaccia costringa altri a fare, tollerare od omettere qualcosa.
Secondo la previsione incriminatrice di cui all’art. 610 c.p. è, infatti, punito chiunque con violenza o minaccia costringa altri a fare, tollerare od omettere qualcosa.
Ai fini della configurabilità del delitto in questione il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione e, pertanto, integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggia la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo alla parte lesa di muoversi.
La Corte di Cassazione, recentemente intervenuta sul tema, ha ritenuto sussistente il delitto di cui all’art.610 c.p. nella condotta di una signora che aveva lasciato la sua auto all’interno del cortile dello stabile in cui abitava, parcheggiandola in modo tale da bloccare l’uscita della macchina di un’altra condomina per circa un’ora.
La Corte di Cassazione, recentemente intervenuta sul tema, ha ritenuto sussistente il delitto di cui all’art.610 c.p. nella condotta di una signora che aveva lasciato la sua auto all’interno del cortile dello stabile in cui abitava, parcheggiandola in modo tale da bloccare l’uscita della macchina di un’altra condomina per circa un’ora.
La vittima del sopruso aveva suonato clacson e citofono della proprietaria della vettura parcheggiata male, fino ad accusare un malore che i giudici hanno collegato allo stress provocato dalla frustrazione di non potersi allontanare come avrebbe voluto.
Gli ermellini hanno condannato l’imputata al risarcimento dei danni cagionati alla parte lesa, ritenendo irrilevante la giustificazione dell’inerzia riconducibile – nella prospettazione difensiva – alla convinzione che il marito o il padre avessero provveduto a informare la diretta interessata dello smarrimento delle chiavi (Cass. Pen. n. 7592/2011).
Gli ermellini hanno condannato l’imputata al risarcimento dei danni cagionati alla parte lesa, ritenendo irrilevante la giustificazione dell’inerzia riconducibile – nella prospettazione difensiva – alla convinzione che il marito o il padre avessero provveduto a informare la diretta interessata dello smarrimento delle chiavi (Cass. Pen. n. 7592/2011).
La recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione conferma il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, volto a sanzionare le condotte indisciplinate ed arroganti degli automobilisti ed educare i consociati al maggiore rispetto delle libertà individuali, con la speranza di accrescerne il senso civico.
Avv. Cristina Calì
collegio dei professionisti di Veroconsumo
