Eurostat: in Sicilia 169 chilometri di doppi binari. In Lombardia sono 748, 762 in Toscana. L’Alta velocità tra le città siciliane più grandi richiesta da pendolari e turisti
PALERMO – Il divario infrastrutturale tra le due Italie è più che evidente.
Un secolo e mezzo di storia comune e un territorio ancora profondamente differenziato per qualità dei servizi del trasporto: l’Italia centro-settentrionale che corre sulle sue ‘frecce’ e quella meridionale che annaspa assistendo allo smantellamento delle sue già misere tratte.
La Regione chiede maggiore responsabilità a Roma, parole che si traducono in investimenti e impegno sul territorio. Sul tavolo delle trattative anche le modalità della perequazione infrastrutturale motivo di recente tensione tra Roma e Palermo. Per avere idea dello stato delle ferrovie dell’Isola basta leggere gli ultimi dati Eurostat, riferiti al 2008: 169 chilometri di strade ferrate con più di un binario in Sicilia a fronte di 748 chilometri in Lombardia, 683 chilometri in Emilia-Romagna, 762 chilometri in Toscana, 605 chilometri in Campania. Un esempio per illustrare una realtà che anziché trovare risoluzioni continua a colare a picco.
Nei giorni scorsi è arrivato l’ennesimo appello del comitato dei pendolari guidato da Giosuè Malaponti che in una lettera inviata al governatore Lombardo ha espresso tutto il disappunto dei viaggiatori isolani.
“Dal danno arrecato per la totale assenza di investimenti infrastrutturali – ha scritto Malaponti il 15 marzo – alla beffa per il continuo taglio di treni a lunga percorrenza tra nord-sud e del totale quasi abbandono delle merci. Le nostre linee sono sempre più disastrate e fatiscenti, mentre si ha il coraggio di dire che grazie all’Alta Velocità il Paese è più moderno ed avanzato”.
Proprio il governatore siciliano dal suo blog lo scorso febbraio aveva inserito tra le necessità improcrastinabili per futuro dell’Isola il potenziamento delle rete ferroviaria.
“A proposito di infrastrutture – si legge – l’alta capacità ferroviaria tra Palermo e Catania è a portata di mano. Per mettere in collegamento queste due grandi città con un treno che percorra il tragitto di 180 chilometri in un’ora e quarantacinque minuti, basterebbe intervenire con una cifra di 800/900 milioni di euro, non un investimento impossibile”. Coinvolgimento di tutti gli attori interessati alle vicenda, incluse le ferrovie che non possono agire incuranti delle necessità territoriali pur essendo soggetti di diritto privato.
“Le scelte fino ad ora attuate dalle Ferrovie dello Stato – ha porseguito il comitato – rendono l’intero gruppo complice del ritardo dello sviluppo delle aree del Sud Italia. Un’azienda pubblica, di pubblico servizio, che dovrebbe fornire servizi di trasporto pubblico ai cittadini e che invece si considera sempre di più un’azienda privata e di mercato e che non ritiene un dovere prioritario quello di fornire il servizio universale”. A rinfocolare gli animi sullo stato isolano dei trasporti e delle infrastrutture ci aveva pensato nei giorni scorsi Marco Venturi, assessore regionale alle attività produttive, che in una dichiarazione shock spiegava come il ponte sullo stretto potesse quasi risultare secondario visti gli ingenti investimenti che necessari per l’Isola in altri settori come le ferrovie. Tuttavia, dato l’enorme deficit che la Sicilia patisce rispetto altre aree del paese, privilegiare un settore rispetto un altro potrebbe risultare oltremodo controproducente, anche perché il ponte non toglierebbe risorse ad altro e soprattutto costituirebbe il coronamento di una crescita complessiva del settore infrastrutturale.