Il pomodoro di Pechino: insidia per il consumatore siciliano - QdS

Il pomodoro di Pechino: insidia per il consumatore siciliano

Il pomodoro di Pechino: insidia per il consumatore siciliano

martedì 12 Aprile 2011

Secondo l'Unione Consumatori nel 2010 sono aumentati del 40% gli sbarchi di concentrato cinese. Il 13% a rischio contaminazione dovuta a materiali a contatto con gli alimenti

Mentre le arance e gli altri prodotti siciliani dop ottengono riconoscimenti di eccellenza ovunque, conquistano le prime posizioni su google, diventano protagonisti del mondo, secondo l’Unione Consumatori “Aumentano del 40 per cento gli sbarchi di concentrato di pomodoro dalla Cina nel 2010 che superano in totale i 115 milioni di chili, un  record che corrisponde a circa il 15 per cento della produzione di pomodoro fresco destinato alla trasformazione realizzata in Italia”.
 
L’Uniconsum riprende in una recente informativa lo scandalo reso noto dalla  la Coldiretti in occasione della presentazione del primo rapporto “Dai lager cinesi alle nostre tavole?” elaborato dalla Laogai Research Foundation. Secondo questo studio circa un milione i detenuti in Cina sono costretti ai lavori forzati nell’agroalimentare in imprese Lager, i cosiddetti Laogai, su 1,4 milioni di ettari di terreni che producono per il mercato interno e per l’esportazione. “I pomodori conservati sono – sottolinea la Coldiretti – la prima voce delle importazioni agroalimentari dalla Cina delle quali rappresentano oltre 1/3 in quantità (42 per cento) nel 2010. Ma dal gigante asiatico sono arrivati anche 96,1 milioni di chili di ortaggi e legumi (+10 per cento), 12,8 milioni di chili di frutta (+58 per cento) e 4,5 milioni di chili di aglio (+50 per cento)”. Andiamo con ordine e ripercorriamo la storia di questa produzione.
“La Cina – secondo Uniconsum che riporta i dati di  Coldiretti – ha iniziato la coltivazione di pomodoro per l’industria nel 1990 e oggi, dopo aver superato l’Unione Europea, rappresenta il secondo bacino di produzione dopo gli Stati Uniti. Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro.” Ogni giorno  arrivano nei porti italiani oltre mille fusti di concentrato di pomodoro dalla Cina che finisce sulle tavole mondiali . Danni economici diretti e di immagine al prodotto “nostrano” sul quale pesa una concorrenza sleale proprio perchè  la produzione in Cina sembra essere anche realizzata con sfruttamento del lavoro forzato dei detenuti e gli standard dei controlli sanitari sono bassi.
 
Ma non è tutto. Nella nota si legge ancora: “Con la rapida crescita che ha consentito alla Cina di raggiungere il secondo posto nell’economia mondiale, il gigante asiatico nel 2010 ha conquistato anche il primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell’Unione Europea, secondo le elaborazioni Coldiretti sulla base della Relazione sul sistema di allerta per gli alimenti.
Nella stessa si evidenzia che su un totale di 3.291 allarmi per irregolarità ben 418 (13 per cento) hanno riguardato la Cina per pericoli derivanti dalle contaminazioni dovute sopratutto a  materiali a contatto con gli alimenti.” Da sentire e tremare, di fronte ad un piatto di spaghetti.

 

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