PALERMO – Carceri sovraffollate e condizioni di vita contrarie all’articolo 27 della Costituzione (Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato) nonché alla Dichiarazione Europea dei diritti dell’uomo.
Il lungo esposto presentato a giugno dal Garante per la Tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e per il loro reinserimento sociale (istituito dalla Regione Siciliana con L.R. 19/05/2005, n.5, art.33), Salvo Fleres, al Comitato Europeo per la Prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt), approfondisce le condizioni di alcune strutture penitenziarie siciliane e pone l’accento sulle necessità di chiudere quelle inadeguate e contrarie a qualsiasi concetto di dignità e di trovare nuovi posti per la popolazione carceraria dell’isola.
“La legge costituzionale dello Stato – spiega Salvo Fleres – è già disattesa del 95 per cento a causa proprio dei problemi di sovraffollamento”.
Il problema principale che affligge le carceri siciliane (così come quelle del resto del Paese) è dunque costituito proprio dall’eccessivo numero di detenuti che, in alcuni casi in particolare, oltre a rappresentare un dilemma dal punto di vista igienico – sanitario per via della promiscuità, impedisce qualsiasi forma di attività volta al reinserimento.
E tutto questo quando ben quattro istituti di pena sull’Isola sono chiusi. Il carcere di Gela (CL), quello di Noto (SR), la sezione femminile del carcere di Siracusa e la casa circondariale di Villalba (CL) se aperti, potrebbero infatti, se non risolvere, tamponare il problema del sovraffollamento. “I motivi che spingono l’amministrazione a mantenere chiusi questi istituti, eccetto che per Villalba dove andrebbe effettuato qualche lavoro di ristrutturazione – spiega Fleres – sono di natura burocratica o legati alla mancanza di personale, entrambi problemi risolvibili. E invece – continua il garante – si paventano soluzioni costose, come quella di utilizzare navi ancorate al porto, quando aprendo questi edifici si potrebbero accogliere numerosi detenuti”.
E in effetti, lo spreco di denaro pubblico e la mancanza di volontà da parte delle istituzioni per cercare soluzioni che mettano fine a questo stato di cose sono evidenti: la casa di reclusione di Noto, chiusa per il terremoto del ’90 e oggi riaperta ospiterebbe meno detenuti di quello che potrebbe a causa della mancanza di personale; così come il reparto femminile della casa circondariale di Siracusa che non è stato possibile attivare per lo stesso motivo.
Il carcere di Villalba, struttura per 140 detenuti (32 celle a due posti, servizi igienici e docce annesse, la cucina per 250 pasti, la lavanderia, la mensa e spazi verdi per i detenuti nonché padiglioni per gli uffici e gli alloggi del personale), inaugurata vent’anni fa e costata all’epoca 8 miliardi di lire, è chiusa dal ‘90.
E poi c’è lo scandalo rappresentato da Gela, dove si trova un carcere nuovo di zecca, ma mai aperto. Secondo il sito web Innocenti evasioni.net, il sito di informazione sulle carceri, “il progetto originario della casa circondariale di Gela risale al 1959, ma alla sua definitiva approvazione si arrivò solo nel 1978. I lavori, iniziati nel 1982, fra interruzioni e rallentamenti sono durati venticinque anni. […] Il 25 giugno 2008 la struttura è stata consegnata alla competente Agenzia del demanio e conferita in uso governativo all’amministrazione penitenziaria. Lo scorso ottobre, l’attuale ministro della Giustizia Angelino Alfano ha riferito la necessità di ultimi interventi di adeguamento e completamento dei sistemi di sicurezza, per un costo di 1,5 milioni di euro. Tutto ciò prima dell’apertura dell’istituto, prevista entro la fine del 2008. I lavori non sono ancora conclusi ma sembrerebbe possibile che entro il 2009, dopo cinquant’anni e al costo complessivo di sei milioni e mezzo di euro, l’Amministrazione penitenziaria potrà infine disporre di cento nuovi posti detentivi”.