Roma – Sono passati dieci anni da Nassiriya, dall’attentato più sanguinoso nella lunga catena di lutti che caratterizzò l’operazione ‘Antica Babilonia’ in Iraq, ma per chi lo visse di persona è come se il tempo non fosse passato. “Le conseguenze di quell’attentato rimangono dentro ogni persona che ha vissuto quella esperienza’” dice all’Adnkronos Gianfranco Scalas, all’epoca addetto stampa del contingente italiano della Brigata Sassari dell’Esercito. Scalas non riesce a nascondere l’emozione raccontando quel “terrificante impatto e le sue conseguenze in cui ho perso due collaboratori e altri due sono stati feriti”.
Sono le 10.40 (le 8.40 in Italia) del 12 novembre 2003 quando un camion sfonda la recinzione della sede della missione Msu (Multinational Specialized Unit) dei carabinieri a Nassiriya, aprendo un varco ad un’autobomba che esplode subito dopo. Muoiono 12 militari dell’Arma, cinque militari dell’Esercito e due civili. La base Maestrale è ridotta a uno scheletro di cemento. Dove c’era l’autobomba non rimane che un cratere profondo otto metri.
“Io in quel momento non ero sul posto – spiega Scalas – sono arrivato dopo aver sentito, attraverso le nostre radio le voci e le urla. Mi sono precipitato alla base e ho trovato una situazione infernale. Uno scenario terribile… una macelleria. È stato un evento traumatico, una strage tremenda. È una pagina che non si può dimenticare. È un film che torna alla mente immagine dopo immagine, nonostante siano passati dieci anni non ho dimenticato alcun particolare. Le esistenze di chi ha vissuto quella tragedia non sono state più le stesse”. In quella circostanza morirono anche degli iracheni, mentre i feriti italiani furono 18.
Sono le 10.40 (le 8.40 in Italia) del 12 novembre 2003 quando un camion sfonda la recinzione della sede della missione Msu (Multinational Specialized Unit) dei carabinieri a Nassiriya, aprendo un varco ad un’autobomba che esplode subito dopo. Muoiono 12 militari dell’Arma, cinque militari dell’Esercito e due civili. La base Maestrale è ridotta a uno scheletro di cemento. Dove c’era l’autobomba non rimane che un cratere profondo otto metri.
“Io in quel momento non ero sul posto – spiega Scalas – sono arrivato dopo aver sentito, attraverso le nostre radio le voci e le urla. Mi sono precipitato alla base e ho trovato una situazione infernale. Uno scenario terribile… una macelleria. È stato un evento traumatico, una strage tremenda. È una pagina che non si può dimenticare. È un film che torna alla mente immagine dopo immagine, nonostante siano passati dieci anni non ho dimenticato alcun particolare. Le esistenze di chi ha vissuto quella tragedia non sono state più le stesse”. In quella circostanza morirono anche degli iracheni, mentre i feriti italiani furono 18.
