Nelle prossime ore la Suprema corte amministrativa emetterà la sentenza sul contenzioso per l’impianto. Dopo la protesta il sindaco di Agrigento ammette: vogliamo le misure compensative
AGRIGENTO – Confindustria, sindacati e operai venerdì scorso hanno manifestato ad Agrigento a favore della costruzione del rigassificatore nel territorio di Porto Empedocle. Il Comune di Agrigento si oppone all’impianto partorito dalla società Nuove Energie di Enel con una gara europea. La decisione sui lavori è passata al Consiglio di Stato, dal momento che il progetto è al centro di contenziosi. Il pronunciamento è atteso in questi giorni.
L’impianto empedoclino ha ricevuto i visti necessari dalle Istituzioni nazionali e locali, ma è ancora inesistente perchè, dopo l’ultima autorizzazione della Regione siciliana del 2009, i lavori non sono partiti a causa di un ricorso al Tar Lazio presentato dal sindaco di Agrigento Marco Zambuto, Legambiente ed altre associazioni. Motivo: il mancato invito del Comune a partecipare alla Conferenza dei servizi sul rigassificatore.
Il Tar a dicembre ha dato ragione agli amministratori della città di Pirandello e la società Nuove Energie si è opposta rivolgendosi al Consiglio di Stato. Il Comune di Agrigento si è costituito in giudizio e adesso la decisione spetterà ai giudici che si dovrebbero pronunciare in questi giorni.
La culla siciliana dei greci è interessata alla questione perché, per la realizzazione del rigassificatore, bisognerebbe costruire un metanodotto che passa anche, per 300 metri, nel territorio del comune di Agrigento e che dovrebbe consentire l’allaciamento dell’impianto alla rete del gas nazionale. Il metanodotto però è di Snam Rete Gas.
Ai primi di giugno un altro “no” è arrivato dal Consiglio comunale, dove 14 consiglieri su 18 presenti (il Consiglio comunale ne ha 30) hanno espresso parere contrario.
Anche se il metanodotto di Snam non dovesse essere autorizzato, il rigassificatore si potrebbe comunque realizzare con il progetto di metanodotto di Nuove Energie, che non passa nel territorio cittadino di Agrigento.
L’impianto di Porto Empedocle è uno dei terminali previsti in Italia per il fabbisogno energetico. Produrrebbe 8 miliardi di metri cubi di gas, pari al 10% della necessità nazionale.
Servirebbe a superare i rischi che derivano dall’importazione del gas da aree di instabilità geopolitica come la Libia, la Russia, l’Algeria. Con il rigassificatore il gas viene importato in forma liquida, trasportato con navi e rigassificato in Italia negli impianti, senza passare per i gasdotti.
Nuove Energie si è già impegnata su Porto Empedocle, ma anche sulla provincia di Agrigento, con misure compensative per tutto il territorio, al momento sospese. Tra queste, dragaggi che consentirebbero l’attracco di grandi navi, comprese quelle da crociera, con beneficio turistico di tutta l’area e la costruzione di una diga foranea indicata nel piano regolatore del 1963 e mai realizzata. Previsti contributi economici in fase di cantiere e sul gas rigassificato. I lavori occuperebbero 500-900 persone nella fase di realizzazione dell’impianto e 200 per la gestione.
Venerdì il sindaco di Agrigento ha ammesso che il cavillo giuridico è stato trovato sostanzialmente per far partecipare Agrigento nelle misure compensative. Il Quotidiano di Sicilia ha inviato alcune domande al primo cittadino, ma fino al momento della chiusura in redazione di questo articolo le risposte non sono arrivate.
I motivi del dissenso di Agrigento celati dietro il pecunia non olet
AGRIGENTO – Perché il metanodotto di Snam Rete Gas fa perdere il sonno ad Agrigento? La risposta potrebbe partire dalle osservazioni che il Comune ha presentato all’assessorato regionale Territorio e Ambiente il 18 settembre 2009. Il condizionale è d’obbligo perché, insegna Pirandello, la realtà può non essere oggettiva. In quel documento, al quale però l’assessorato non ha risposto perché non rientra nelle competenze, il Comune esprime il “proprio dissenso”, facendo rilevare che il progetto “attraversa tratti di aree di interesse archeologico”. Segnala “dal punto di vista urbanistico una carenza progettuale” e sottolinea il mancato inserimento nel documento, di una casistica aggiornata sugli incidenti, nonché “una parte del progetto che ricade in zona P3 e P4 ad alta pericolosità idrogeologica e geomorfologica”. Saremmo davanti ad una possibile catastrofe umana e ambientale. Oltre che ad una visione esteticamente deplorevole. Quale sarebbe la soluzione? La individua il Comune: “In conclusione – si legge nel documento – ai sensi della legge 239/2004, il Comune chiede misure compensative per la realizzazione del gasdotto” e, altresì, “compensazioni monetarie per i fondi privati attraversati dal gasdotto, sia con riferimento alla fase di cantiere che alla fase di esercizio”. La legge 239/2004 però prevede “compensazioni ambientali” e non soldi.