Partecipate, i Comuni nascondono i dati - QdS

Partecipate, i Comuni nascondono i dati

Rosario Battiato

Partecipate, i Comuni nascondono i dati

mercoledì 17 Agosto 2011

In Italia sono oltre 5 mila le società per azioni con capitale pubblico, la maggior parte risiede nel Centro-Nord. Nell’Isola costano 343 mln di euro all’anno, ma gli enti che hanno diffuso i numeri sono appena 1/3

PALERMO  – In periodi di crisi e di grandi manovre per tagliare e ricucire ove possibile, e salvare il Paese dalla bancarotta, resistono come un macigno oltre 5 mila partecipate in tutta Italia. La galassia del capitalismo municipale costa ai cittadini e non sempre riesce a produrre servizi o ricchezza. La Sicilia ne detiene il 16,5 per cento dell’intero meridione, e il 3,5 per cento del totale nazionale. Il 78,5 per cento risiede nel Centro-Nord.
La mappa delle partecipate italiane, realizzata da Unioncamere, ne certifica la presenza non solo nei settori tipici delle public utilities (energia, trasporti, rifiuti), ma anche nelle infrastrutture, nel commercio, nelle attività ricreative, culturali e sportive e addirittura nell’industria e nelle TLC. Si tratta di una ramificazione estesa, che, a livello territoriale, può contare su oltre 11mila unità locali, per un totale di addetti vicino alle 270mila unità.  Secondo i dati raccolti al 31 dicembre del 2009 risultavano coinvolto in questa rete capillare 8.081 enti locali. Le partecipate restano sostanzialmente fenomeni municipali, 7.677 i Comuni azionisti su 8.081 enti locali censiti nei Registri delle imprese delle Camere di commercio alla fine del 2009. Delle oltre 5.500 società dello studio Unioncamere il 59,7 per cento risulta esclusivamente in mano ai Comuni, mentre solo il 5,5% vede tra i propri azionisti solo le Regioni. Dal punto di vista settoriale le principali partecipazioni degli enti locali riguardano le infrastrutture e i servizi (34 per cento del totale) e solo in seconda battuta arrivano le “public utilities” cioè energia elettrica, gas, acqua, ambiente (il 31,5 per cento). Proprio questi ultimi sono stati al centro dell’ultima tornata referendaria, anche in virtù di una direttiva dell’Ue che richiede espressamente di privatizzare i servizi. Tutto si ribalta se parliamo delle società controllate, dove, invece, la parte del leone è costituita dalle public utilities (38,1 per cento) e solo in seconda battuta nelle infrastrutture e servizi (35,3 per cento). La concentrazione territoriale raggiunge il suo culmine (78,5 per cento del totale) nel Centro-Nord, Lombardia in testa (17,2 per cento di tutte le società censite e il 19 per cento delle controllate),  seguita da Toscana (9,6 per cento) e Veneto (8,9 per cento). Nel Mezzogiorno esiste il 21,5 per cento delle società partecipate (e il 21,1 di quelle controllate): la maggiore presenza di imprese a controllo pubblico locale è in Campania (5,6 per cento sul totale nazionale e il 23,7 dell’intero Mezzogiorno), seguita a stretto giro dalla Sicilia (3,5 per cento del totale nazionale e il 16,5 di quello del solo meridione).
 
In Sicilia ci sono 130 Comuni coinvolti, 231 tra consorzi e società, per un onere complessivo di circa 343 milioni di Euro, secondo il rapporto riguardante i Comuni della regione Sicilia nel 2010, pubblicato dal ministero della Pubblica amministrazione e dell’innovazione nell’ambito dell’operazione trasparenza, portata avanti dal ministro Brunetta già dal 2007.
 
Tuttavia l’argomento, cui il Qds ha dedicato ampio spazio lo scorso 21 giugno, non si esaurisce in questi dati, perché 1/3 dei comuni isolani appare inadempiente nei confronti della trasparenza. Infatti risultano appena 130 i Comuni isolani in elenco, cioè quelli che hanno trasmesso, entro il termine di scadenza previsto per il 30 aprile, i dati relativi ai consorzi e alle società a totale o parziale partecipazione delle amministrazioni pubbliche nel 2010, in conformità con la legge finanziaria 2007 e in particolare all’articolo 1, comma 587.

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