In commissione Bilancio del Senato passa emendamento del Terzo Polo, votato dalle opposizioni e Forza del Sud. “In caso di ritardo di sei mesi nei pagamenti alle imprese, gli istituti di credito ne assumano la titolarità”
PALERMO – Si profilano tempi duri per le Pubbliche amministrazioni che se la prendono comoda nel saldare i loro debiti con le imprese che erogono servizi. E già, perché la Commissione bilancio del Senato in questi giorni ha concluso l’esame degli emendamenti, approvando il testo della Manovra. Tra gli ultimi ne è passato uno presentato dal Terzo Polo e votato da tutta l’opposizione, col sostegno di Forza Sud. Questo prevede che, in caso di ritardo nei pagamenti della Pubblica amministrazione verso le aziende, trascorsi sei mesi dal termine fissato negli strumenti contrattuali per il versamento, a titolo di acconto o saldo delle somme dovute come corrispettivo dei servizi prestati, è possibile richiedere alle amministrazioni pubbliche la certificazione delle somme oggetto di ritardato pagamento e contemporaneamente cedere il credito vantato ad un istituto di credito che ne assume la piena titolarità, previo pagamento dell’intero ammontare del credito.
“Anche se i sei mesi, per poter avviare l’iter per il recupero non sono pochi- afferma Filippo Ribisi, presidente di Confartigianato Sicilia che, insieme con il presidente nazionale Giorgio Guerrini da tempo ha avviato una vera battaglia a favore delle imprese- ci sembra comunque un buon passo per cominciare ad abolire questo mal costume, diventato ormai prassi, del mancato pagamento alle imprese. Certo, bisogna far sì, che questo emendamento, sia poi seguito da dispositivi opportuni, che mettano la norma in condizione di funzionare. Sarà nostro compito e dovere vigilare, affinché, come spesso accade nel nostro Paese, una buona norma non venga affossata da una pessima burocrazia”. Ma pare, secondo indiscrezioni, che la norma abbia destato preoccupazioni nel Governo. I tecnici del ministero dell’Economia, infatti, sostengono che la certificazione di questi crediti potrebbe incidere sull’indebitamento facendo emergere somme non contabilizzabili secondo i principi europei usati nei conti pubblici. Insomma assestare un ulteriore, pesante, colpo sulle casse dello Stato.
L’emendamento sul trasferimento dei crediti delle imprese dallo Stato alle banche “non ha niente, tecnicamente, a che vedere con i dati del debito pubblico”. Replica in una nota Mario Baldassarri (Api-Fli), presidente della commissione Finanze del Senato e firmatario del testo .
Nel caso della norma approvata “non puo’ esserci alcun effetto sul debito pubblico – conclude Baldassarri – in quanto si tratterebbe di un mero finanziamento di una banca privata ad una impresa privata”.
Intanto, imprese ed associazioni datoriali cominciano a tirare un sospiro di sollievo, visti i tempi dilatati, molto dilatati, con cui pagano le aziende. Si arriva anche a due anni di ritardi, attese che, nell’attuale congiuntura economica, le imprese non possono assolutamente permettersi. Il rischio reale è molto spesso quella della chiusura, anche definitiva, dei battenti con conseguente licenziamento del personale. “Auspico – aggiunge Ribisi- che i nostri onorevoli deputati riflettano due volte prima di abolire, come ha dichiarato il leghista Massimo Garavaglia, vice presidente della Commissione, una norma che finalmente risolve quest’annosa questione”.