Cresce il “fenomeno” mobbing - QdS

Cresce il “fenomeno” mobbing

Luca Insalaco

Cresce il “fenomeno” mobbing

mercoledì 21 Settembre 2011

Franca D’Angelo, direttore dell’unico centro specialistico antimobbing in Sicilia presso l’Asp di Palermo. La mappa del rischio non fa molta distinzione tra lavoratori pubblici e privati

PALERMO – Essere vessati sul lavoro fino a rassegnare le dimissioni e ad ammalarsi. Il mobbing è un fenomeno in costante aumento. Anche nella nostra regione. Lo sanno bene gli specialisti del Centro antimobbing dell’Asp di Palermo, unico centro specialistico nell’Isola.
Per questo motivo, alla struttura diretta da Franca D’Angelo, se la maggior parte delle richieste di assistenza arrivano dalla Sicilia occidentale, non sono rare le telefonate dalla parte orientale della regione e perfino dalla vicina Calabria. Sono circa 150 l’anno i pazienti che transitano dal centro di via Roma, attivo dal 2003 all’interno dell’Unità Operativa di Psicologia del Lavoro. Un lavoro immane per i tre medici che collaborano con la D’Angelo, attivi anche sul fronte della formazione negli enti e nella Pa e impegnati a condurre il proprio lavoro in sinergia con medici di base, sindacati, medici del lavoro e Ispettorato del lavoro. Normale, quindi, che le richieste di aiuto siano maggiori rispetto ai casi esitati. 
“Il mobbing è un fenomeno sottostimato – spiega la dottoressa Franca D’Angelo – . Quelli che vengono da noi hanno superato il livello di guardia; molti ci chiedono una consulenza psico-terapeutica per resistere. Quando, poi, proponiamo una mediazione con il datore di lavoro hanno paura, visti gli attuali problemi di occupazione. Da noi i piccoli eroi sono gli uomini, ci chiedono come comportarsi”. Per ogni lavoratore che chiede aiuto sono previsti dieci incontri. Si parte con l’intervista, si procede poi con i test ed i colloqui e si finisce con la restituzione e con la relazione, utile nel caso in cui sia necessario andare in giudizio.
La mappa del rischio non fa molta distinzione tra lavoratori pubblici e privati. “Molti arrivano dalle banche, i cui accorpamenti hanno mandato in tilt rapporti umani e di lavoro. C’è poi la Pubblica amministrazione, in particolare sanità e scuola, i cui settori sono tutti ben rappresentati a causa di licenziamenti e trasferimenti selvaggi. Se la scuola un tempo faceva registrare molti casi di mobbing tra gli amministrativi, ora sono anche insegnanti a chiedere il nostro aiuto, anche per via dei tagli operati a livello nazionale. In genere sono i grandi cambiamenti a provocare disagi. Registriamo, infine, un grande afflusso di pazienti anche dai call center e dalla grande distribuzione alimentare”. E in tempi di crisi economica, attuare comportamenti mobbizzanti diventa spesso una tecnica per spingere il lavoratore a rassegnare le proprie dimissioni.
 
Se il fenomeno, dunque, è in sensibile aumento, le istituzioni regionali sono colpevolmente in ritardo nell’azione di monitoraggio e di contrasto. Non esistono servizi di prevenzione (solo all’interno dell’Asp di Trapani esiste un centro la cui attività è in qualche modo assimilabile a quello palermitano) e la nostra regione non si è ancora dotata di un osservatorio regionale sul fenomeno (osservatorio attivo, ad esempio, in Lazio, Umbria e Veneto). “Stiamo cercando di fare un lavoro di rete, mettendo assieme l’Ispettorato del lavoro e più agenzie del territorio – spiega la D’Angelo – . Visto che c’è un obbligo di legge (L. n. 81/2008), le agenzie territoriali si stanno attrezzando per misurare lo stress da lavoro correlato”.
 

 
L’approfondimento. Il mobbing punito civilmente e penalmente
 
In Italia non esiste una legge in materia e quindi il mobbing non è configurato come specifico reato a sé stante. Gli atti di mobbing, tuttavia, possono rientrare in altre fattispecie di reato, quali le lesioni personali gravi o gravissime. I casi portati all’attenzione del Centro antimobbing di Palermo, inoltre, possono arrivare dinanzi all’autorità giudiziaria per un eventuale risarcimento del danno biologico e morale.
“È buona, comunque, la percentuale dei tentativi di mediazione che vanno a buon fine” sottolinea Franca D’Angelo, responsabile del centro di via Roma. “Molti datori di lavoro, un po’ per curiosità ma anche per responsabilità diretta, sono disponibili a collaborare. Più generalizzata è la struttura, invece, più difficile è la mediazione. È giusto difendere il lavoratore – aggiunge la dottoressa – ma è altrettanto giusto tutelare il datore di lavoro da accuse ingiuste, visto che gli atteggiamenti vessatori costituiscono un reato. Stronchiamo subito chi prova a danneggiare il proprio datore di lavoro, inviandolo ai sindacati, agli avvocati o ai medici se non ravvisiamo mobbing”.

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