Discariche abusive, dall’Europa ultimo avvertimento alla Sicilia - QdS

Discariche abusive, dall’Europa ultimo avvertimento alla Sicilia

Discariche abusive, dall’Europa ultimo avvertimento alla Sicilia

giovedì 16 Luglio 2009

La questione aperta circa due anni fa, metà dei siti individuati sono nell’Isola: chiesta la bonifica. Avviata la “fase 2” della procedura d’infrazione, sanzioni economiche più vicine

PALERMO – Ennesimo rischio procedura d’infrazione per la Sicilia, che sulle questioni inerenti rifiuti e rispetto ambientale sembra continuare a segnare pesanti battute d’arresto. Lo scorso 25 giugno la Commissione europea ha inviato a Roma nell’ambito della fase due della procedura d’infrazione, l’ultimo avvertimento prima di passare all’azione delle sanzioni amministrative. Per ovviare al rischio la necessità di “azioni tempestive per chiudere e bonificare migliaia di siti illegali e incontrollati di smaltimento dei rifiuti nell’intero paese”.
La questione era già sorta nel 2007 quando la Corte Ue di Giustizia aveva condannato l’Italia che fino ad oggi non ha ancora adottato le misure necessarie per superare la crisi. “Le autorità italiane – ha precisato Stavros Dimas, commissario europeo all’ambiente – hanno adottato un certo numero di provvedimenti, come il monitoraggio di alcuni siti”.
Tuttavia, trascorsi due anni, “questi provvedimenti non sono considerati sufficienti per affrontare la situazione e risolvere l’esistenza di un problema sistematico sul lungo termine”. Il ministero si era infatti impegnato, dallo scorso maggio, a richiedere i piani sulle procedure di sicurezza adottate dalle Regioni per chiudere o bonificare le discariche abusive sul territorio, ma poche e insoddisfacenti sono state le risposte. A livello nazionale resta nel mirino la Sicilia, sul cui suolo si trovano 90 discariche illegali, alcune nate prima del 2003, quindi buona parte della componente nazionale, e su cui verrebbe ad abbattersi la scure di un procedimento di infrazione visto che la multa sarebbe poi scaricata sulle Regioni inadempienti.
Le agenzie pullulano di azioni delle forze dell’ordine per ripulire l’isola dalle discariche abusive che ne infestano il paesaggio, la salute umana, la fauna e la flora. Solo per fare qualche esempio, il 9 aprile una discarica di rifiuti speciali in contrada “Giada” nel Comune di Petralia Sottana in provincia di Palermo è stata scoperta dai Carabinieri, il 21 maggio nel messinese sono state scoperte due discariche abusive,  il 10 giugno sono state individuate dalla Gdf 4 discariche abusive per un’area di oltre duemila metri a Pozzallo, nel ragusano, il 9 luglio scorso la Gdf ha sequestrato tre discariche abusive a Vulcano per un’area di 40mila metri quadrati.
I dati del resto parlano chiaro: su 51 dei punti di raccolta rifiuti considerati  non a norma dall’Unione tra il 2001 e il 2003 più della metà si trovano in Sicilia. Ma sembra che l’intero sistema rifiuti dell’isola sia ormai al collasso tra Ato balbettanti, raccolta differenziata che in alcuni comuni, ad esempio nel messinese, ha persino subito dei recessi rispetto gli anni passati, e raccolta rifiuti che sembra latitare visto un servizio gestito a singhiozzo come è stato testimoniato dalla recente crisi di Palermo e dallo stato critico in cui versano alcune delle strade delle province isolane. Intanto pare si stia delineando un nuovo fronte politico allargato che inizia a ripensare l’intero sistema Ato. Proprio lo scorso 7 luglio nell’ambito di un incontro a proposito della legge popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, tenutosi presso la Sala Gialla dell’Ars, è stato Lino Leanza, capogruppo Mpa, a paragonare la disastrosa esperienza in fatto di rifiuti e acqua che ha contraddistinto sinora l’applicazione della Legge Galli in Sicilia.
 

 
Isola sotto la lente Ue anche per il trattamento delle acque
 
PALERMO – Non sono solo le discariche a preoccupare i siciliani, visto che la Commissione Ambiente dell’Unione minaccia pesanti ripercussioni anche per lo stato penoso in cui versa il trattamento delle acque reflue urbane. Un nuovo contenzioso per l’Italia che inevitabilmente andrà a colpire le tasche dei siciliani dal momento che l’isola continua ad essere uno dei fanalini di coda. Primo avvertimento, in questo caso, che dovrebbe ottenere una risposta entro due mesi, così da bloccare l’iter della procedura d’infrazione.
“La Commissione ritiene che oltre 500 centri abitati (e non 325 come indicato inizialmente) non rispettino la direttiva europea che impone il trattamento delle acque degli scarichi domestici e urbani. Secondo le regole europee in vigore, le città con oltre 10.000 abitanti che scaricano le acque reflue in zone sensibili sotto il profilo ambientale devono dotarsi di un sistema di raccolta e di trattamento nel rispetto di norme più rigorose”. Del resto appare chiaro che almeno due delle principali realtà urbane dell’isola, Palermo e Catania, versano in uno stato assolutamente deficitario, possedendo strutture antidiluviane, e facendo segnare uno dei peggiori trend di prestazione dell’Italia intera.

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