L’Ue alle compagnie petrolifere: “Trivellazioni, chi inquina paga” - QdS

L’Ue alle compagnie petrolifere: “Trivellazioni, chi inquina paga”

Rosario Battiato

L’Ue alle compagnie petrolifere: “Trivellazioni, chi inquina paga”

giovedì 27 Ottobre 2011

Le aziende che operano in Europa saranno responsabili dei danni provocati dai loro impianti. Le coste al largo della Sicilia sono tra le più coinvolte dalle piattaforme offshore

BRUXELLES – Un passo in avanti perché i nostri mari siano più sicuri. L’Europa agisce sui deficit di protezione delle acque siciliane, sostituendosi all’azione deficitaria del governo nazionale. Da Bruxelles sono, infatti, in arrivo importanti novità sul fronte delle norme per la sicurezza degli impianti petroliferi offshore, che prevedono il principio del “chi inquina paga” anche per i pozzi in mare entro 370 km dalla costa, superando il limite delle 12 miglia attuali (22,22 km circa).
L’occasione per fare il punto della situazione sulle trivellazioni offshore arriva a circa un anno e mezzo dal disastro del Golfo del Messico. Nei giorni scorsi la British Petroleum (Bp), la compagnia petrolifera responsabile insieme alle aziende Transocean e Halliburton del disastro ambientale più grave degli Stati Uniti, ha ricevuto dall’amministrazione Obama un nuovo via libera alla ripresa delle trivellazioni nel golfo in quanto la compagnia adesso dovrebbe rispettare gli standard di sicurezza richiesti.
Proprio oggi la Commissione europea dovrebbe presentare un nuovo regolamento, basato sul principio “chi inquina paga”, che sarà applicato anche alle società proprietarie delle piattaforme petrolifere in mare. Grazie alle nuove norme comunitarie le aziende che operano nell’Ue saranno responsabili dei danni provocati dai loro impianti petroliferi offshore entro un limite di 370 km dalla costa così da coprire tutti i pozzi offshore esistenti, inclusi i 123 che risultano operativi in Italia. Secondo fonti comunitarie riportate dall’Ansa “se si dovesse verificare un incidente le aziende dovranno pagare i danni e la bonifica ambientale”.
Una specie di minirivoluzione tramite l’istituzione di due autorità nazionali indipendenti: la prima per verificare che le imprese siano in possesso dei fondi necessari in caso di copertura dei danni, e l’altra per vagliare le condizioni di sicurezza, caso per caso. La necessità di dover garantire la copertura economica da eventuali incidenti riguarda la realtà siciliana, dal momento che l’estate scorsa gli ambientalisti avevano lanciato l’allarme sulla presenza, tra le società che richiedevano permessi di ricerca, di compagnie con capitale sociale minimo, che poi facevano riferimento ai grandi gruppi internazionali, per fare in modo che eventuali incidenti non potessero poi ricadere sulla casa madre.  Le coste al largo della Sicilia sono tra le più coinvolte dalle trivelle.
 
Secondo gli ultimi dati i titoli minerari vigenti nella zona C (si estende nel Mare Tirreno meridionale e nel Canale di Sicilia tra la linea di costa siciliana e la linea isobata dei 200 m) sono 10 di cui: 7 permessi di ricerca 2 al largo di Pozzallo, 2 al largo di Favignana, 1 al largo di Pantelleria, 1 al largo di Gela e 1 al largo di Agrigento; 3 concessioni coltivazione 1 al largo di Pozzallo e 2 al largo di Gela. Nella zona G (si estende nel Mare Tirreno meridionale e nel Canale di Sicilia) i titoli minerari vigenti sono 10 di cui: 10 permessi di ricerca 2 al largo di Pantelleria, 2 al largo di Gela, 2 al largo di Favignana e 4 al largo di Marsala e Trapani.
 
Le istanze per il conferimento di nuovi titoli minerari nella zona G sono 23 di cui: 20 permessi di ricerca e 3 concessioni di coltivazione.

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