L’edificio è classificato monumento di interesse storico-artistico. I vincoli di Comune e Sovrintendenza. Il “Finocchiaro” chiuso dal 2006 e una ristrutturazione soffocata dalla burocrazia
PALERMO – Sono ormai più di cinque anni che il Cineteatro Finocchiaro, in via Roma, nel cuore del centro storico di Palermo, ha chiuso i battenti. Un gioiello dell’architettura liberty, costruito nel 1923 dall’architetto Paolo Bonci, con una capienza di mille posti e un tetto apribile che, all’epoca e per molti anni a venire, costituiva una notevole e suggestiva attrattiva per gli avventori del luogo. Una lenta agonia ha attraversato nel corso degli anni il Finocchiaro: dai fasti degli anni ‘30, quando era frequentato dall’aristocrazia palermitana, si è passato al buio ventennio che copre il periodo fra gli anni ‘70 e i ‘90, quando la sala divenne luogo di proiezione per film a luci rosse, nell’era in cui il centro storico ha iniziato a giacere abbandonato e in completo degrado, in balìa della nuova urbanizzazione delle periferie palermitane.
La rinascita avvenne all’inizio degli anni ‘90, quando il cinema fu preso in gestione dai Siviglia, famiglia che detiene il maggior numero di sale nel capoluogo e che rilanciò il Finocchiaro come sala avamposto della città antica, vivificata dalla storica architettura liberty del Bonci. Ma il progetto non decollò mai appieno e nemmeno una politica di biglietti a prezzo ridotto è riuscita a rilanciare il cinema, che chiuse definitivamente i battenti nel 2006, dopo una costante caduta verso il basso degli incassi ottenuti. La famiglia Finocchiaro, che detiene ancora la proprietà dell’immobile, nel corso degli anni ha tentato di aprire una trattativa con la Soprintendenza per ottenere i finanziamenti necessari alla ristrutturazione, senza però mai ottenere risultati concreti. Inoltre, pur se qualche privato volesse accollarsi il pesante onere di far fronte alle esose spese di restauro, dovrebbe pure bypassare una lunga serie di ostacoli burocratici.
L’edificio infatti è classificato, dal 1989, come monumento di notevole interesse storico-artistico, e come tale qualsiasi intervento è vincolato al parere della Soprintendenza e dell’amministrazione comunale. La ristrutturazione più consistente dovrebbe riguardare il tavolato del palcoscenico, totalmente deteriorato, e l’agibilità degli ordini di palchi, ma cinque anni e oltre di abbandono hanno anche lasciato altri segni, e col passare del tempo non è difficile immaginare una situazione in costante peggioramento.
Il recupero del Finocchiaro oggi come oggi appare pura utopia, specchio di una Palermo troppe volte ingenerosa col proprio passato e la propria storia.
La vecchia città. Quel degrado dalla Vucciria ai mercati
PALERMO – La storia del Cineteatro Finocchiaro è la storia del lento degrado che ha colpito il centro storico di Palermo. Dalla Vucciria agli altri mercati e quartieri storici, come Ballarò e il Capo, non è difficile notare come il tempo non abbia restituito dignità ai questi posti che un tempo erano identificati come simbolo di una città. Il Finocchiaro, inaugurato in pompa magna il 24 febbraio del 1923 con lo spettacolo “Don Pietro Caruso”, era in origine una struttura sontuosa, con quattro ingressi, tre ordini di palchi, un anfiteatro, la sala e la platea a gradinata. Annessi al teatro una sala da tè, un ristorante e un sala cinematografica. Un palcoscenico di 180 metri quadrati su cui si sono susseguite importanti compagnie di giro e illustri esempi di avanspettacolo, fino al secondo dopoguerra luogo di cultura e incontro per tutta la città. Adesso giace abbandonato fra i tanti ruderi della vecchia Palermo, e non è una coincidenza notare che si trovi a pochi passi dalla Vucciria.