“Anticamente la funzione della Corte era solo quella del controllo di legittimità, svolta unicamente per quasi un secolo. La Corte dei Conti fu istituita agli inizi dello Stato unitario (legge 14 agosto 1862, n. 800), perché vigilasse sulle amministrazioni dello Stato, per prevenire e impedire sperperi e cattive gestioni. Le linee fondamentali dell’ordinamento sono state fissate nel testo unico approvato con regio decreto n. 1214 del 12 luglio 1934. Con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana le profonde trasformazioni dell’organizzazione e delle funzioni amministrative (moltiplicazione degli enti, creazione di autorità amministrative indipendenti, privatizzazione di funzioni e di imprese pubbliche), hanno inciso fortemente sui compiti dell’Istituto. Questa lunga attività e tradizione pesa sull’immagine della Corte dei Conti che oggigiorno, dopo la legge di riforma n. 20, del 14 gennaio 1994, svolge una funzione di controllo sulla gestione del denaro pubblico e di tutti gli interessi. Si pensi all’introduzione della legge finanziaria e alle riforme del bilancio intervenute nel 1978, nel 1988 e con la legge n. 94 del 3 aprile 1997. La stessa Costituzione, nell’articolo 7, oltre al principio di legalità, indica anche i principi di efficienza e del buon andamento. Queste due clausole ulteriori furono peraltro suggerite da un tecnico che aiutava la Commissione, un presidente di Sezione Giuseppe Cataldi, poi diventato presidente della Corte dei Conti nel 1973. Egli aveva studiato approfonditamente l’efficienza delle amministrazioni pubbliche, intrecciandola con il principio di legalità. Quindi già all’epoca all’interno della stessa Corte vi era un filone culturale che andava oltre il solo aspetto legislativo. Il rispetto della legalità è il fondamento della democrazia: se si rispetta la legge, si rispetta la sovranità popolare. Per questo il principio della legalità è il fondamento della democrazia. Ma la stessa legalità per realizzarsi deve sostanziarsi anche di aspetti di efficienza e di buon andamento. Alla Corte dei Conti, insomma, è richiesto un continuo sforzo di adeguamento ed ammodernamento per soddisfare la crescente “domanda” sia di controlli efficienti, sia di un puntuale esercizio della giurisdizione di responsabilità. Ciò con il fine ultimo di accrescere la trasparenza delle amministrazioni pubbliche e di assicurare la corretta gestione delle risorse finanziarie”.
La Corte dei Conti svolge un’attività collaborativa con le Pubbliche amministrazioni?
“La Costituzione usa un termine più consono: la Corte dei Conti è un organo “ausiliario” del Governo. Mentre l’evoluzione dell’ordinamento di fatto porta a rendere oggi la Corte “ausiliaria” del Parlamento. Per questo motivo sono audito quasi mensilmente. La Corte fornisce ausilio tecnico alle Camere. Non va dimenticata anche la funzione fondamentale della Corte nei confronti delle Regioni e degli Enti locali, contenuta nella legge 131/2001 che ha disciplinato in concreto il titolo V della Costituzione, stabilendo i principi di cui la Corte dei Conti è depositaria – l’efficienza, la legalità e il buon andamento – ovvero la correttezza dell’agire amministrativo e la corretta spesa del denaro pubblico. Le amministrazioni grazie all’ausilio della Corte dei Conti possono trovare quindi la realizzazione di questi principi. In questi tempi, ad esempio, si parla spesso del taglio dei costi della politica ma non bisogna trincerarsi solo su questo impatto della comunicazione dei conti pubblici. La Corte indaga piuttosto sulla qualità della spesa pubblica, in questo entrano tanti aspetti etici di cui tutti dobbiamo farci carico: la sovrabbondanza di spese per il personale, lo svolgimento del rapporto del pubblico impiego, i protagonisti di questo settore”.
“La Corte sarà chiamata a svolgere le sue funzioni nel quadro del processo di riforma della governance economica europea. Occorre ricordare che la proposta di direttiva comunitaria relativa ai “requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri”, prossima all’approvazione, è chiarissima su due punti che qui rilevano: l’obbligo per ciascun Paese, specie per quelli a struttura decentrata, di comprendere nel proprio “quadro di bilancio” l’intero sistema nazionale di finanza pubblica; la sottoposizione a idonei controlli delle gestioni nelle quali si riflettono, a ciascun livello di governo, le specifiche responsabilità di bilancio. Su entrambi questi versanti la Corte avrà un ruolo da svolgere, anche qui senza necessità di ulteriori interventi normativi, ma, al più, con lievi integrazioni alle norme che regolano le sue funzioni in base alla legge di attuazione del Titolo V della Costituzione (n. 131 del 2003). L’impegno comune di tutti gli Stati dell’Unione verso una linea concordata di forte rigore nelle politiche di bilancio è destinato a caratterizzare sempre più l’attuale contesto, dove, a monte, opera il processo di integrazione europea e, a valle, la riforma, ancora in atto, in senso “federale” (fiscale e amministrativo) del nostro ordinamento costituzionale. Tale contesto determina un assetto politico istituzionale complesso, a tre livelli: comunitario, nazionale e regionale; quest’ultimo, a sua volta, è ulteriormente articolato sul piano territoriale, con un effetto di moltiplicazione dei centri di potere politico e di spesa”.
“La Corte dei Conti analizza i documenti contabili, di previsione e consuntivi. Poi segue tutta l’attività amministrativa, entrando nel merito e concludendo queste sue indagini (programmate ogni anno, mai svolte in maniera episodica) con una relazione che viene inviata ai titolari degli enti locali (Regioni, Comuni) e soprattutto agli organi rappresentativi di essi per lo Stato (Assemblee regionali, Consigli comunali). Si tratta di un documento che evidenzia le criticità di gestione e indica i rimedi possibili. Se le indicazioni non sono recepite dalle amministrazioni, che dimostrano di non adoperarsi per realizzarle, interviene la Procura della Corte dei Conti, un organo interno e autonomo. Un momento di chiusura dell’ordinamento. Quando poi si rileva che alcune azioni hanno procurato un danno erariale, una perdita patrimoniale, e che non sono stati seguiti i valori per i quali la Corte è chiamata a svolgere la sua attività di controllo, gli atti vengono inviati alla Procura della Corte dei Conti che inizia un’altra indagine. Un’analisi che stavolta ha forma, andamento e contenuto giurisdizionale. Occorre ricordare che non si tratta di un organo centrale: la Corte dei Conti risiede in ogni Regione e controlla i bilanci degli Enti. E tutto ciò si inquadra ormai in una più ampia visione comunitaria. Vi è della gestione delle finanze pubbliche una governance economica europea. Ed è proprio la Corte dei Conti l’ordinamento che, nei confronti della Comunità europea, può offrire certificazione neutrale ed obiettiva, in quanto costituzionalmente tutelata e neutrale nei confronti del governo sia centrale che locale”.
“La Corte dei Conti, oltre alla difesa dei principi e dei valori già elencati, e alla interlocuzione e garanzia per la Comunità europea, svolgerà nel sistema federalistico, creato sui principi di sussidiarietà e di solidarietà, anche una funzione di neutralità e garanzia. Soprattutto nei confronti dei conflitti sul piano economico tra Regioni e Stato. Solo la Corte, per la tutela di beni fondamentali del Paese, potrà fornire i dati e i numeri del contendere e garantire le operazioni successive (come ad esempio il ricorso delle Regioni al fondo perequativo, in caso di errata spesa dei fondi pubblici). Il decreto sul Federalismo (“Premi e sanzioni” 149/2011) ha introdotto la questione del buon funzionamento per cui la Corte può decretare il default degli Enti locali. Ogni amministrazione, alla fine del proprio mandato, deve presentare una rendicontazione. La Corte esamina i documenti contabili e chiude con una propria relazione. Se la situazione finanziaria dell’ente termina soprattutto con un dissesto, la Corte può presentare una relazione all’autorità politica, al prefetto, al presidente della Regione, e ciò può portare allo scioglimento dell’ente e la conseguente ineleggibilità dei responsabili. Il decreto ha già prodotto i suoi effetti a metà ottobre, con lo scioglimento per dissesto del comune di Castiglion Fiorentino, in provincia di Arezzo. Al Comune, che aveva presentato nel rendiconto 2009 dei dati non attendibili, era stato dato il termine del 30 settembre per mostrare la reale situazione finanziaria.
L’amministrazione comunale però non ha approvato né il rendiconto 2010, né il preventivo 2011, in questa maniera una delibera della Corte dei Conti Toscana, (la 211/2011), ha portato alla dichiarazione di dissesto”.