Nell’Isola sempre più immigrati riescono a trovare lavoro qualificato: toccata quota 14 per cento. Dati allarmanti sulla disoccupazione ma la qualifica “alta” garantisce il posto
PALERMO – Essere qualificati e competenti nel proprio lavoro è una marcia in più anche in un periodo di crisi economica profonda come quello che stiamo vivendo, anche se si è stranieri e si giunge da paesi lontani. E ciò avviene soprattutto al Sud, e in Sicilia, che, con un 14 per cento sul totale degli occupati, si pone, per percentuale di lavoratori immigrati che occupano posti di alta qualifica, dietro soltanto alla Sardegna, avanti di appena un punto percentuale, seguita dal Lazio, con una percentuale del 12 per cento.
Di contro, in fondo a questa classifica delle regioni italiane, troviamo confinate molte regioni del Nord e del Centro, alle quali si aggiunge l’Abruzzo, dimostrando così che nelle aree economicamente forti, dove l’occupazione tira maggiormente, vi è un forte fabbisogno anche di forza lavoro da inserire in mansioni a bassa qualifica.
In generale la condizione dei lavoratori stranieri non è rosea: dati Istat rilevano che circa un terzo degli occupati immigrati è impiegato nel segmento inferiore del sistema occupazionale e circa un quarto lavora in maniera disagiata: il 19 per cento del totale la sera (dalle 20 alle 2), il 12 per cento la notte (dopo le 2) e il 15 per cento la domenica.
Sono alcuni dei dati da cui parte l’indagine della Fondazione Ethnoland e del Centro Studi e Ricerche Idos/Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes che, nell’ambito del programma comunitario European Migration Network, hanno avviato uno studio sui lavoratori stranieri altamente qualificati in Italia.
Si tratta di 36 biografie di migranti, che provengono da 22 Paesi differenti di 4 continenti e risiedono in 17 province in tutte le parti d’Italia e lavorano in settori molto diversi: amministrazioni comunali, partiti, sindacati, associazioni e ong, università, traduzioni, editoria, sanità, mondo dell’arte e dello spettacolo, mondo della comunicazione, artigianato, money trasnsfer e telefonia, ristorazione, commercio, settore delle pulizie. Storie che raccontano come il cammino verso l’affermazione sia tortuoso e difficoltoso, nonché pieno di ostacoli spesso individuali in pregiudizi culturali. “L’alto numero di immigrati impiegato con profili generici e senza qualificazione rispecchia il pregiudizio che gli immigrati siano maggiormente portati a svolgere mansioni servili”, sottolinea il rapporto, eppure circa la metà degli occupati stranieri è in possesso di una laurea o di un diploma.
Quattro ogni dieci addetti a lavori non qualificati possiedono un diploma di scuola media superiore; tre ogni dieci hanno ottenuto un diploma di scuola media; poco meno di due hanno al più la licenza elementare e, naturalmente, la parte restante ha conseguito un diploma di laurea. Il 40 per cento di quelli che hanno una laurea svolge un lavoro non qualificato o un’attività comunque manuale; l’incidenza degli occupati in lavori non qualificati aumenta fino ad oltre il 60 per cento tra gli occupati in possesso di un diploma, per arrivare a rappresentare la quasi totalità della popolazione straniera in possesso della sola licenza elementare.
L’approfondimento. L’Ue avverte la necessità di agevolare il lavoro qualificato
Anche in Commissione Europea è stata colta la necessità di agevolare l’accesso di cittadini di Paesi Terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, con l’introduzione della direttiva denominata “Carta Blu”, la cui applicazione da parte dei Paesi Membri doveva avvenire già entro lo scorso 19 giugno, e che prevede sanzioni per chi ne infrange le regole. Nonostante si sia nel pieno di una crisi economica, caratterizzata da tassi di disoccupazione particolarmente elevati, i datori di lavoro spesso non riescono comunque a trovare i lavoratori altamente qualificati di cui hanno bisogno. Secondo i dati raccolti all’interno dello studio del 2011 “Satisfying Labour Demand through Migration”, realizzato dalla rete europea sulla migrazione, l’Italia rende difficile l’accesso di lavoratori particolarmente qualificati. Il 18 luglio scorso la Commissione ha quindi inviato al Nostro Paese una lettera di costituzione in mora (prima fase della procedura d’infrazione), in relazione alla mancata comunicazione all’Ente preposto delle misure adottate per attuare la direttiva. L’Italia non ha, però, ancora risposto, innescando il passaggio successivo, e cioè l’invio di un parere motivato che prelude il ricorso alla Corte di Giustizia Europea.