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Obiettivo crescita, premi per aziende virtuose

Obiettivo crescita, premi per aziende virtuose

Il nuovo “rating di legalità” garantirà alle imprese pulite un accesso prioritario al credito e agli appalti. Con l’art. 5-ter della Legge 27/2012 stop alla concorrenza sleale delle società colluse con le mafie

PALERMO – Pensate a un premio per chi indossa il casco quando sale sulla moto. O a uno per chi raccoglie i “ricordini” di Fido. Un premio, insomma, per un atto che è la legge a imporre.
Succede in Italia, dove il malcostume, la corruzione e l’intimidazione diffusi hanno ispirato al nuovo esecutivo la scelta di creare un rating di legalità per le imprese. Ben vengano comunque iniziative come questa, se a violare una norma sono in tanti.
La novità è stata introdotta nel decreto sulle liberalizzazioni, da poche settimane convertito nella legge 27/2012.
 All’articolo 5-ter si legge che “al fine di promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato è attribuito il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie al perseguimento del sopraindicato scopo anche in rapporto alla tutela dei consumatori, nonché di procedere, in raccordo con i Ministeri della Giustizia e dell’Interno, alla elaborazione di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale; del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario”.
In pratica, si creerà una “lista bianca” in cui includere soltanto gli imprenditori virtuosi. Come? Si misurerà il livello di conformità alla legge di ciascuna industria in riferimento alla sua storia, ai conti che è riuscita a mantenere in ordine, alla eventuali denunce o resistenze al racket delle estorsioni. In base a ciò si assegnerà una tripla A – sì, proprio come avviene in Borsa – soltanto alle aziende che guardano al profitto senza dimenticare di agire correttamente. Anzi, alle aziende che conoscono bene i vantaggi che il rispetto delle regole comporta in termini di utile.
Non è un caso che il rating sia stato inserito in una riforma, quella incentrata sulle liberalizzazioni, che ha come obiettivo la crescita economica dell’Italia. Adattando la loro attività alle leggi in materia d’impresa, infatti, le varie società potranno favorire un clima di libera concorrenza che andrà a tutto beneficio di quelle più produttive. Una concorrenza finalmente ad armi pari, tra soggetti che gareggiano tutti da soli, e non alcuni da soli e altri con il sostegno della criminalità organizzata.
Anche perché la valutazione dell’operato della ditta dal punto di vista della legalità non è pensato come semplice onorificenza, proprio come se fosse una coppa o una targa. Ricevere un punteggio alto significherà per l’impresario, prima di tutto, avere una carta in più da giocare se avrà bisogno di un prestito in banca o delle anticipazioni sulle commesse, che gli servono per pagare i fornitori. Significherà inoltre scalare la classifica dei candidati alla vincita di una gara d’appalto bandita dalle pubbliche amministrazioni e alla concessione di finanziamenti che esse erogano.
In questo modo, l’articolo 5-ter dovrebbe contribuire alla ripresa dell’Italia in due modi: stimolando una sana competizione e aiutando più direttamente le imprese AAA a rimanere a galla e, perché no, a far lievitare i guadagni.
 


Promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali
 
L’obiettivo dell’art. 5-ter è ambizioso, addirittura “promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali”.
Certo, valorizzare le società che si limitano a presentare il requisito di base per l’esercizio della loro attività, ovvero il rispetto delle norme, potrebbe suonare come una stortura alle orecchie di chi pensa che l’adesione alla legge dovrebbe essere automatica. Di chi pensa che il vero comportamento morale non ha bisogno di essere motivato da incentivi di sorta.
Ma quando le difficoltà economiche si fanno troppo forti per le aziende, quando molte rischiano, per carenza di liquidità, di finire nelle mani degli usurai o di venire tagliate fuori dai mercati, non c’è vergogna nell’aumentare l’attrattiva delle regole. In fondo, il messaggio che il rating vuole lanciare è proprio questo: scegliere la legalità conviene. Un messaggio in controtendenza, se si considera che spesso sono proprio le ditte che scelgono vie lecite per procurarsi denaro contante a chiudere i battenti, dopo il no delle banche a fargli credito perché la loro capacità di restituire un prestito è bassa.
Senza contare che, mancando le risorse con cui pagare fornitori e dipendenti, anche ottenere un appalto diventa, è proprio il caso di dirlo, un’impresa.
 


L’approfondimento. Tutto nasce da un’idea di Confindustria
 
Ma chi devono ringraziare gli italiani per questa vittoria della legalità? I parlamentari del Pdl Elisabetta Casellati e Franco Asciutti, innanzitutto. Sono stati proprio loro il 28 febbraio scorso a proporre l’emendamento che, approvato prima dal Senato e poi dalla Camera, è stato montato in coda all’art. 5 del decreto 1/2012 sulle liberalizzazioni.
L’aggiunta era stata suggerita da Antonello Montante, delegato di Confindustria per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio, e poi rilanciata nientemeno che dal capo della Direzione nazionale antimafia Piero Grasso. “Confindustria ha prima lanciato il Codice etico per le imprese e il rating antimafia non è altro che la sua evoluzione scientifica, visto che introduce valori premiali per chi concorre con regole di normalità: fare ricerca, innovazione, produrre ed essere trasparenti”.
Così Giuseppe Catanzaro, vicepresidente della sezione siciliana del consorzio degli imprenditori, spiega com’è nata l’idea di un albo delle aziende virtuose. Il rating infatti non è che il punto di arrivo di una lotta lunga anni ai tentativi della malavita di mettere le mani sul settore produttivo. Positivo anche il commento del numero uno dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, che considera il provvedimento una spinta decisiva alla concorrenza sul mercato.