Governo battuto su una norma sulle pensioni dei manager della Pa
ROMA – Il Senato ha approvato il decreto che modifica le norme sulle commissioni bancarie, ma ha anche bocciato con un emendamento presentato dalle opposizioni sulle pensioni dei manager pubblici.
La principale novità che contiene il testo del decreto legge 29 (che integra il decreto liberalizzazioni) riguarda la cancellazione delle commissioni per sconfinamenti fino a sette giorni consecutivi ogni trimestre e di entità “pari o inferiore a 500 euro”, come previsto da un emendamento presentato dai relatori, Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd).
Nel dettaglio, vengono cancellate le commissioni di istruttoria veloce per le “famiglie consumatrici titolari di conto corrente, nel caso di sconfinamenti pari o inferiori a 500 euro in assenza di affidamento ovvero oltre il limite di fido, per un solo periodo, per ciascun trimestre bancario, non superiore alla durata di giorni sette consecutivi”.
Per quanto riguarda l’emendamento presentato dall’opposizione, il Governo è stato battuto sull’abolizione del comma sulle pensioni dei manager pubblici. L’obiettivo del comma 2 dell’articolo 1 era di lasciare il calcolo delle pensioni attraverso il sistema retributivo per i manager della Pa che avevano maturato i requisiti per ritirarsi entro il 22 dicembre 2011. L’articolo integrava la manovra nella parte che prevede un contributo di solidarietà per gli stipendi dei manager pubblici oltre i 300.000 euro annui, stabilendo che la riduzione era ininfluente ai fini della pensione per la parte calcolata con il metodo retributivo. Le disposizioni previste dal decreto legge di modifica, in sintesi, confermavano l’applicazione, sul piano previdenziale e contributivo, del principio pro-rata per il ristretto gruppo di aspiranti pensionati. Unico vincolo posto dalla norma, per poter salvare la pensione dalle norme che tagliano gli assegni, era che i manager dovevano continuare a svolgere le medesime funzioni, fino alla fine della carriera lavorativa.
I 124 voti dell’Idv, della Lega e del Pdl sono stati fondamentali per far passare l’emendamento, a fronte di 94 voti contrari e 12 astenuti.
“Grazie alla Lega – ha commentato il vicepresidente dei senatori della Lega Nord, Roberto Mura – è stato affossato il decreto salva-vergogna: in aula al Senato il governo è andato sotto sull’emendamento riguardante la norma che prevedeva di non toccare le pensioni dei grandi commis di Stato. È stato così approvato un emendamento soppressivo di questa disposizione”.
“Con il decreto salva-Italia – afferma a proposito il senatore Sandro Mazzatorta che nel mese di aprile ha presentato l’emendamento al decreto banche per il tetto agli stipendi, pari a quello del primo presidente della Corte di cassazione, anche per i dipendenti degli organi costituzionali tra cui Senato, Camera e Presidenza della Repubblica – chi chiudeva la carriera nella Pubblica amministrazione in un paio d’anni senza cambiare l’attuale incarico, perdeva sì la differenza tra il vecchio stipendio e quello nuovo ma i contributi versati anche dopo la norma del taglia-stipendi, potevano, con questa norma scritta da una mano molto scaltra e piazzata in tempo giusto, essere tarati sui vecchi stipendi e non sul nuovo, cioè su quello ridotto”.
Il provvedimento, in prima lettura, dopo il via libera di palazzo Madama dovrà passare all esame della Camera.