Strage di Capaci: parte potente del Paese non vuole la verità - QdS

Strage di Capaci: parte potente del Paese non vuole la verità

redazione

Strage di Capaci: parte potente del Paese non vuole la verità

mercoledì 23 Maggio 2012

Gli interventi per l’anniversario dell’evento che sconvolse il Paese nel 1992. Le dichiarazioni del procuratore aggiunto antimafia, Antonio Ingroia

ROMA – “C’è un pezzo di potere anche dentro le istituzioni che ha avuto una costante complicità con i poteri criminali: nel momento in cui dentro le istituzioni, dentro i palazzi, c’erano delle variabili, come erano Falcone e Borsellino, bisognava eliminarli”. Lo ha detto Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo, ai microfoni di Brontolo, condotto da Oliviero Beha, su Rai Tre.
“La verità dimezzata nasce dal fatto – aggiunge Ingroia – che c’è una parte del paese molto potente che la verità non la vuole. Fino a quando non si riuscirà ad affermare una volontà collettiva del Paese che vuole questa verità, la Magistratura potra’ sopperire”.
 “Purtroppo per Giovanni Falcone ci fu una convergenza di poteri che ebbero interesse alla sua eliminazione, creando quella situazione di isolamento di cui lui stesso parlo’. Falcone visse la soppressione processuale della figura del giudice istruttore che lui aveva impersonato”. Così Carlo Palermo, ex magistrato scampato ad un attentato, avvocato difensore della famiglia dell’agente Schifani, che perse la vita nella strage di Capaci, intervenendo sempre a Brontolo, condotto da Oliviero Beha, su Rai Tre.
“Già ai tempi della strage di Capaci – prosegue Palermo – io evidenziai l’esistenza di elementi specifici che denotavano la presenza di ombre, ora bisogna cercare di comprendere che cosa tra il 1991 e il 1992 aveva una particolare valenza da poter giocare un ruolo di un qualcosa da nascondere attraverso la commissione di una strage che mostrasse delle responsabilità esclusive della mafia. Quel qualcosa è la struttura stay-behind gladio, scoperta nel ‘91 in Italia, che fu l’estrinsecazione di quelle pattuizioni che nacquero immediatamente dopo la guerra. E, conseguentemente, per tutta l’epoca successiva si sono trascinati dei segreti di Stato che continuano a sussistere sino ad oggi e che hanno accompagnato la nostra storia senza la possibilita’ di indagini circa le connessioni tra i vari episodi”. “Non è mai esistita – conclude – una strategia militare che abbia accompagnato e seguito gli episodi della mafia dal passato ad oggi”.

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