L’evoluzione della nuova Etna - QdS

L’evoluzione della nuova Etna

Marina Pupella

L’evoluzione della nuova Etna

venerdì 25 Maggio 2012

Sarà presentato domani il lavoro ad altissima risoluzione, realizzato dal locale osservatorio dell’Ingv. Proposto l’originale modello di scivolamento causato dal collasso della scarpata jonica

CATANIA – È stata realizzata dall’Osservatorio etneo Ingv di Catania la nuova Carta vulcano-tettonica dell’Etna. Il lavoro è stato effettuato attraverso uno studio multidisciplinare di tipo geologico, morfotettonico e sismotettonico che, grazie all’uso di un Modello digitale del terreno (DEM) e orto-immagini ad altissima risoluzione, ha portato alla mappatura di dettaglio degli elementi strutturali e vulcanici di prim’ordine. I risultati dell’importante ricerca saranno illustrati domani mattina,  nella sede del Parco dell’Etna, l’ex Monastero Benedettino di San Nicolò La Rena a Nicolosi, alla presenza del professor Stefano Gresta, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Saranno presenti fra gli altri, oltre ad Ettore Foti, commissario straordinario del Parco dell’Etna, Ralf Jaumann, vice-direttore Institute of planetary research, german aerospace center (DLR), Centro aerospaziale tedesco; Domenico Patanè e Mauro Coltelli, rispettivamente direttore e responsabile dell’Osservatorio etneo, INGV-Catania, Gianvito Graziano, presidente dell’Ordine nazionale dei geologi.
Presenti anche gli autori della carta, Klaus Gwinner, del DLR, Raffaele Azzaro dell’Osservatorio etneo, che interverrà sul “Quadro strutturale del vulcano Etna: tipologia, attività e caratteristiche sismotettoniche” e Stefano Branca, che parlerà di “Elementi vulcano-tettonici dell’edificio etneo: caratteristiche, distribuzione ed età.
Grazie a una serie di prospezioni geofisiche sottomarine e a un’analisi geomorfologica dettagliata del fondale marino di fronte all’Etna, è stato possibile reinterpretare l’assetto tettonico della fascia costiera etnea, evidenziando come sia controllata più dalle strutture sottomarine che da quelle emerse.
Da tempo si sa che il fianco orientale etneo si muove verso il mare con la rapidità di alcuni centimetri l’anno, ma le ragioni di questo scivolamento non era ancora del tutto conosciuto agli studiosi. Attraverso recentissimi dati, risultati dell’indagine di un’equipe di scienziati italiani, è stato possibile avanzare una nuova ipotesi che spiega il fenomeno. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Earth and planetary science letters, è stato condotto in collaborazione tra i vulcanologi Mauro Coltelli e Danilo Cavallaro dell’Ingv di Catania, ed i geologi marini Francesco Latino Chiocci e Alessandro Bosman dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e dell’Istituto di geologia ambientale e Geoingegneria del Cnr.
La ricerca evidenzia un nuovo e originale modello di scivolamento del fianco orientale etneo causato dal collasso della scarpata continentale ionica della Sicilia, di fronte all’Etna, le cui ripercussioni potrebbero avere grandi conseguenze sull’evoluzione del vulcanismo.
In sintesi è stato scoperto che la scarpata continentale dell’Isola, dalla costa sino alla profondità di oltre 2.000 metri, presenta un anomalo rigonfiamento di fronte all’Etna che coincide esattamente con la regione che scivola verso il mare. La scarpata è profondamente incisa da una serie di enormi scarpate semicircolari, interpretate come prova di un’instabilità gravitazionale a grande scala. Tali strutture sono lunghe diverse decine di chilometri e permeano tutto il margine continentale estendendosi fino al settore costiero del vulcano dove, infatti le deformazioni del suolo sono più intense.
 

 
Il vulcano soffre d’instabilità nel fianco sud-orientale
 
CATANIA – Uno studio basato su dati magnetotellurici e geologici strutturali, svela la struttura profonda del substrato del vulcano. È quanto emerge dalla analisi di un gruppo di ricercatori di vari Enti: l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Marco Neri), le Università di Bari e Roma Tre, l’Istituto di Metodologie per l’analisi ambientale del Cnr. I ricercatori hanno ricostruito la struttura del substrato etneo utilizzando una gran mole di dati magnetotellurici e geoelettrici, confrontandoli contemporaneamente con i dati geologici, geomorfologici e strutturali osservabili in superficie.
Hanno osservato così lo spessore di crosta coinvolta nelle deformazioni lente (circa 3-4 km) che coinvolgono il fianco sud-orientale del vulcano e le faglie che lo delimitano sia lateralmente che in profondità. Hanno mostrato lo sprofondamento della crosta (fino ad oltre 10 km di profondità) lungo il margine ionico etneo, in corrispondenza dell’importante sistema di faglie sismogenetiche noto con il nome di “Scarpata di Malta”. In più hanno individuato la circolazione di fluidi lungo i principali piani di faglia, che probabilmente facilitano il loro movimento. Infine, hanno stabilito la profondità e la geometria del Rift di Nord-Est, un’importante struttura vulcano-tettonica che caratterizza il settore nord-orientale dell’Etna.

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