“Io credo che verrà fatta così come è stata fatta con Germania, Gran Bretagna ed Austria e con altri Paesi che hanno già richiesto la stessa procedura. La cosiddetta imposta liberatoria che comporta un accordo fiscale è nata in Ticino in quanto abbiamo vissuto i 3 scudi di Tremonti. Pur essendo di Sondrio, e quindi vicino alla nostra mentalità nordica, quanto avviato da Tremonti negli ultimi anni, ha peccato di poca diplomazia in quanto siamo stati ripetutamente oggetto di contumelie e posti in prima pagina in modo negativo. Questo ha portato noi del Ticino ad essere critici anche nei confronti del governo di Berna che non rispondeva in modo adeguato agli schiaffi che provenivano in continuazione dall’estero, non solo dall’Italia, ma anche dalla Francia e dalla Germania. Così si è deciso il blocco dei ristorni ai “frontalieri” con la consapevolezza di voler ritardare i pagamenti in modo da far muovere tutto un meccanismo che partendo dalla pressione dei singoli comuni sul Ministero ha portato, già dallo scorso ottobre, un cambiamento di atteggiamento con diversi approcci per trovare una soluzione già da parte del governo Tremonti tramite visite ed interviste rilasciate da Sottosegretari del Ministero al Corriere del Ticino.
Adesso Mario Monti, che ho avuto modo di conoscere personalmente quando ero Presidente dell’Associazione delle Banche Estere in Svizzere, è pronto a trattare per tassare i capitali presenti nelle banche di Lugano e Ginevra. Bisogna considerare ex novo l’intera materia, infatti Monti fino ad ora aveva posto come vincolo il fatto che ci fosse il via libera della Commissione europea agli accordi bilaterali di Gran Bretagna, Germania e Austria con Berna. Ora che la Commissione Europea ha dato il suo benestare si può trattare anche se ovviamente è stata data come condizione il pagamento dei ristorni che erano stati bloccati”.
“Già dal 2008 la Commissione europea aveva iniziato a ragionare su un accordo comunitario con la Svizzera, per tassare in loco i capitali sottratti al fisco. La Commissione aveva fatto alcuni conti: la metà dei capitali depositati in Svizzera, 3.300 miliardi, sarebbe stata di origine straniera.
A metà 2011 Gran Bretagna e Germania, vista la paralisi della normativa comunitaria e la necessità di fare cassa, hanno stipulato un accordo bilaterale con la Svizzera. Nel frattempo all’elenco si è aggiunta anche l’Austria. Questi accordi si compongono di due parti: la prima è una sanatoria del passato, la seconda una tassa annuale sui redditi prodotti dalle attività detenute in Svizzera.
Il problema nasce dai contenuti dell’accordo e cioè dall’aliquota, infatti, a parte l’“una tantum” per sanare il passato, esattamente come in un’amnistia, poi è necessario tassare le rendite in base all’aliquota del Paese di residenza del cittadino. Proprio qui nasce il problema con l’Italia, in quanto, fino ad agosto l’aliquota era solo del 12,5% sui titoli pubblici contro una media europea molto più alta. Infatti in Italia a differenza degli altri Paesi le rendite finanziarie hanno una tassazione separata mentre negli altri Paesi fanno cumulo con i redditi da lavoro”.
“Per gli accordi già siglati, la banca verifica la nazionalità del beneficiario delle attività che detiene, poi preleva dal conto la penale prevista dalle formule contenute negli accordi bilaterali – tra il 21 e il 41 per cento per i tedeschi, tra il 19 e il 34 per gli inglesi, tra il 15 e il 38 per gli austriaci – e versa la somma al governo di Berna che, a sua volta, la passerà allo Stato interessato. Entrano in gioco due variabili importanti: i termini di prescrizione che possono variare da 5 a 10 anni ed il calcolo dell’imposta sottratta. La multa chiaramente deve essere funzione dell’imposta sottratta”.
“La linea del governo e delle banche è perfettamente in linea: “Strategia del denaro dichiarato”. Fino alla fine degli anni ’50 l’obiettivo di chi decideva di portare i propri soldi nelle banche svizzere non era l’evasione fiscale ma la paura per il golpe comunista, la svalutazione della lira, gli anni di piombo legati al terrorismo. In effetti la storia ha dato ragione a quelle persone in quanto a metà degli anni ’60 le 1.000 lire equivalevano a 7 franchi svizzeri mentre successivamente nel cambio con l’euro il franco svizzero è stato altamente rivalutato, più di 10 volte, infatti 1000 lire erano diventati ben 87 centesimi”.
“Il settore bancario a livello nazionale rappresenta il 12% del totale e i dipendenti diretti sono 110.000 persone su oltre 2.700.000. Nel Ticino queste percentuali sono più accentuate.
In passato il contributo del sistema finanziario fu più elevato: a causa della attuale crisi finanziaria la riduzione del margine d’interesse, e l’avversione al rischio degli investitori, la redditività delle banche si è ridotta.
Più in generale su una massa lavoro di circa 180.000 dipendenti ben 54.000 sono frontalieri rappresentando quindi quasi un terzo del totale. Quando ero ministro delle finanze 25 anni orsono questo dato era di ca. 30.000 unità. Abbiamo analoghi accordi di ristorni ai frontalieri con Austria, Germania e Francia a tassi molto inferiori dell’imposta alla fonte dovuta rispetto a quanto il Canton Ticino riversa ai Comuni di frontiera per il tramite di Roma. Da sempre questi lamentano ritardi nel riversamento da parte di Roma”.
“Il male della burocrazia che sembra solo un male italiano anche nel nostro caso presenta diversi aspetti da rivedere ed io stesso quando ero ministro delle Finanze mi sono dovuto scontrare con diverse situazioni dovute a retaggio del passato e mai riviste nel tempo”.
“Le critiche al governo di Berna nascevano anche dal fatto che non bisognava avere il pregiudizio di pensare all’Italia come un Paese di evasori. Sicuramente le diverse dominazioni straniere hanno portato gli italiani a non vedere di buon occhio il pagamento dei tributi allo Stato in quanto era straniero e, fin dai tempi dei romani, lo scambio tra voti e potere era visto come una cosa normale. Il nostro rigore nella difesa della sfera privata della clientela ha portato a grandi attriti e la Svizzera è entrata nella famosa black list degli Stati con i quali il Governo italiano non vuole chiudere accordi. Solo una banca ha ottenuto la libera prestazione di servizi (LPS), per altre cinque la Consob ha rifiutato in quanto Paese non collaborativo, ugualmente non possiamo partecipare a gare pubbliche. La Svizzera vuole chiaramente la trasparenza, abbiamo accettato il modello OCSE e firmato accordi con una sessantina di Paesi. Il messaggio è chiaro: i depositi devono essere dichiarati, chi arriva con valigie di contanti troverà le porte chiuse. è una favola ciò che hanno scritto alcuni giornali italiani, che non vi fossero più cassette di sicurezza a disposizione. Se è vero che la Banca d’Italia sostiene che di recente ci sono stati capitali in fuga, questi non sono mai arrivati in territorio svizzero se non in forma evidente attraverso bonifico bancario e per importi contenuti”.